LA CONVERSIONE DI SAULO

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Sacerdozio..e ministeri..

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2011 18:57
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12/05/2011 18:35

Per Tertulliano i cristiani sono veri sacerdoti perché pregano nello Spirito e con lo Spirito offrono sacrifici al Signore:

Noi siamo i veri sacerdoti e i veri adoratori, noi che pregando nello Spirito, offriamo in Spirito a Dio nella nostra preghiera una vittima che gli è cara e gradita, dal momento che egli l'ha richiesta e l'ha voluta. E' questa vittima (cioè lo stesso cristiano) offerta di tutto cuore, nutrita di fedele sincerità, tutta innocente e pura, coronata di carità fraterna, che con un corteo di buone opere, con salmi e inni dobbiamo condurre all'altare, dove essa ci otterrà da Dio ogni sorta di bene. (Tertulliano, De Oratione 28 PL 1, 130 2 AB).

Lo speciale carattere sacerdotale di un gruppo limitato di cristiani fu contestato dal movimento montanista che, insistendo sul sacerdozio di tutti i credenti, ritenne superfluo quello ministeriale.. Tertulliano, porta parola di questa rinascita spiritualista, scrisse:

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12/05/2011 18:36

Forse che anche noi, laici, non siamo dei sacerdoti (nonne est laici sacerdotes sumus?). Sta scritto: Egli ci ha resi un regno e dei sacerdoti per Dio e Padre suo. Fu l'autorità della Chiesa a creare la distinzione tra l'ordine sacerdotale e la plebe, fu essa che ha santificato tale onore tramite il conferimento dell'ordine e gli ha dato il diritto di sedere nell'assemblea dei sacerdoti. Quindi dove manca l'assemblea sacerdotale tu stesso offri, fai libazioni (tinguis), battezzi e sei il tuo proprio sacerdote. In altre parole là dove tre sono riuniti, là vi è una Chiesa, anche se si tratta di puri laici... Quindi se tu possiedi virtualmente il diritto di fare in caso di necessità quello che un sacerdote compie, tu pure devi osservare le regole sacerdotali e devi esercitare anche dove non è necessario, i tuoi doveri sacerdotali (Tertulliano, De exhortatione castitatis 73 PL 2, 971 CC 2, 1025).

Per Ambrogio « tutti i figli della chiesa sono sacerdoti... in quanto offriamo le nostre stesse persone quali vittime spirituali a Dio». « Noi chiamiamo sacerdoti tutti i cristiani – scriveva Agostino – perché essi sono membri dell'unico sacerdote Cristo e li chiamiamo tutti consacrati (= lett. «unti») a motivo della misteriosa unzione da tutti ricevuta. Infatti l'apostolo Pietro si rivolge a loro e li chiama popolo santo e sacerdozio regale » (Ambrogio, in Lc 5, 33 PL 15, 1730 C (C. Schekl) CSEL 32, 195. Agostino, De civitate Dei 20, 10 PL 45, 676).

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Colui che meglio di tutti ha elaborato la dottrina del sacerdozio dei fedeli, fu Origene, l'esegeta alessandrino del II secolo, per il quale tutti i credenti sono stati unti nel battesimo con il sacro carisma e per questo sono divenuti sacerdoti di Dio:

Come anche Pietro dice a tutta la Chiesa: Voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa. Siete dunque una stirpe sacerdotale e potete accedere al santuario... Ignori tu che il sacerdozio è stato dato a te, vale a dire a tutta Chiesa di Dio e al popolo dei credenti? Ascolta Pietro chiamare i fratelli: stirpe eletta, sacerdozio regale. Tu hai dunque il sacerdozio, perché tu sei una stirpe sacerdotale, perciò devi offrire a Dio il sacrificio della lode, il sacrificio della purezza, il sacrificio della santità (Origene, Hom. Lev. 9, 9 PG 12, 521 C (W. A. Bachrens) CGS 6, 436).

Lo stesso pensiero è presentato anche da Crisostomo e da Cirillo d'Alessandria:

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Anche tu con il battesimo sei stato fatto re, sacerdote e profeta... sacerdote quando ti sei offerto a Dio e hai immolato il tuo corpo e tu stesso sei stato immolato.
Perciò solo ai battezzati che sono purificati da ogni colpa – Scrive Cirillo d'Alessandria – è permesso entrare nel santuario interiore, offrire a Dio dei sacrifici spirituali e presentargli per incenso, il profumo di una vita conforme ai precetti evangelici (Crisostomo, Hom in 2 Cor 3, 7 PG 46, 417; Cirillo Alessandrino, Ador, spir, et verit, 9 PG 68, 629 A).

E' con il battesimo che ognuno può diventare sacerdote di Cristo:

«Noi ungiamo i battezzati con olio – scriveva Onorio di Autun (XII secolo) – perché con l'olio li uniamo alla regalità di Cristo e con il carisma al suo sacerdozio». Con il conferimento del « carattere», Gesù Cristo ci fa partecipare al suo sacerdozio (Tommaso, Summa Theol. III q. 63 a 2). Si tratta quindi di un vero sacerdozio che abilita tutti i credenti ai sacrifici spirituali, anzi, secondo alcuni scrittori della Chiesa, alla stessa celebrazione eucaristica. Ruperto di Deuz faceva eco a tale concetto affermando: « Fin da quaggiù noi siamo sacerdoti di Dio, ora con il sacrificio salutare del tuo corpo e del tuo sangue e più tardi con il regno eterno e con il sacrificio perpetuo di lode» Con tali parole si riallacciava all'insegnamento di Agostino il quale così scriveva: « I cristiani (non solo i sacerdoti dunque!) celebrano la memoria del sacrificio compiuto da Cristo con la santa offerta (oblatione) e con la recezione del corpo e del sangue di Cristo ».

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2) Creazione del Ministero Sacerdotale

Sin dal tempo apostolico ogni chiesa aveva i suoi anziani (presbiteri, preti) o vescovi, che sono solo nomi diversi delle stesse persone. Credenti, maturi di età e di migliore formazione spirituale (anziani), sorvegliavano la comunità (vescovi), si dedicavano al servizio dei fratelli, precedendo gli altri con il buon esempio. Tuttavia ben presto, per influsso dei quadri sociologici pagani e giudaici, queste persone, prima deputate al servizio dei fratelli, si trasformarono in un gruppo di «supersacerdoti» dotati di poteri sacrali mancanti negli altri fratelli.
Ecco alcune ragioni che portarono alla creazione del ministero sacerdotale in seno al cristianesimo:

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a) l'esempio giudaico

Clemente Romano, per suggerire ai cristiani il dovere di seguire norme corrispondenti alla loro posizione, presentava l'esempio del sacerdozio ebraico, nel quale il sommo sacerdote presiede ai semplici sacerdoti, che compiono la liturgia, mentre i leviti si occupano dei servizi più umili:

Avendo presente ciò e curvandoci negli abissi della divina conoscenza, dobbiamo compiere con ordine tutto quanto il Signore ci ha prescritto secondo i tempi prestabiliti (probabile accenno alla domenica cristiana), compiere le offerte e i ministeri non vanamente e disordinatamente, ma nei tempi e nelle ore prescritte. E come e da chi egli voglia che si compiano, lo ha definito lui stesso nel suo altissimo volere. Quelli, adunque, che compiono le loro offerte nelle circostanze prescritte sono accetti e beati. Non errano nel seguire i precetti del Signore. Al sommo sacerdote sono attribuite le proprie liturgie, ai sacerdoti è prescritto il proprio posto e ai leviti sono assegnati i propri ministeri. Il laico è vincolato alle prescrizioni laiche. Ciascuno di noi, o fratelli, sia gradito a Dio nella sua propria posizione, senza trasgredire le regole del suo ministero... Il nostro peccato non è leggero se allontaniamo coloro (presbiteri) che senza alcuna macchia e santamente hanno offerto i sacrifici dell'episcopato (Clemente Romano, 1 Cor 40, 1-5; cf A. Omodeo, Saggi sul cristianesimo antico, Edizioni scientifiche, Napoli (s.d.), pp. 199-200).

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Il sommo sacerdote, per Clemente Romano, spetta al Cristo (36, 1), ai sacerdoti ebraici corrispondono i vescovi-presbiteri cristiani considerati ancora persone non distinte, ai leviti si ricollegano i diaconi e ai laici tutti gli altri credenti. Come si vede si tratta di un semplice paragone, che però in seguito fece rientrare i ministri cristiani nella categoria degli antichi sacerdoti ebraici.

Anche la Didaché usa il medesimo procedimento quando dice che «i vescovi, scelti dalla chiesa (cheirotonésata), tengono il posto dei profeti» (15, 1), i quali sono per voi « come i sommi sacerdoti dell'Antico Testamento» (13, 3). Era però facile, partendo da tale confronto, trasformare il vescovo in sacerdote (ieréus) o summus sacerdos dei cristiani, al quale ben presto si riservò la presidenza del culto domenicale. Si è quindi incominciato a ritenere « legittimi » solo quegli atti liturgici che si compivano unitamente al vescovo: « Si consideri stabile e sicuro (bébaion) tutto ciò che viene dal vescovo o da chi ne fu da lui incaricato », giungendo ben presto alla supposizione che il vescovo o i presbiteri avessero un potere sacerdotale superiore a quello dei semplici laici, dal quale proveniva il valore dell'azione compiuta.

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12/05/2011 18:37

Il gusto di trovare l'origine delle istituzioni cristiane nell'Antico Testamento ha influito sulla concezione stessa del sacerdozio; Isidoro di Siviglia trasmise al Medioevo, del quale è stato uno dei maestri più influenti, l'idea che « i diversi ordini avevano il loro tipo e la loro origine nel servizio cultuale mosaico» (Isidoro di Siviglia, De ecclesiasticis officiis 2, 5 ss).

La filiazione delle idee concernenti il sacerdozio non è mai stata studiata in maniera completa e sistematica. Spessi si operarono delle semplificazioni; ci si limiterà ad affermare: ordo sacerdotii a vetere lege sumpsit exordium scilicet a filiis Aaron: l'ordine sacerdotale prese l'inizio dall'antica legge, vale a dire da Aronne. Ma i testi di isidoro saranno trasmessi e ripetuti lungo tutto il corso del Medioevo. Non c'è dubbio che essi hanno contribuito ad accentuare il carattere cultuale del sacerdozio (Y. Congar, Sacralizzazione e medioevo, a.c. bibl. p. 72 s).

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b) Atti Sacrificali

Una seconda ragione che condusse ad attribuire il carattere sacerdotale ai ministri fu la trasformazione di alcuni atti di culto in sacrifici propriamente detti. Secondo la concezione antica, sacrificio e sacerdozio camminavano di pari passo: « Il sacerdote vi è perché sussiste il sacrificio », diceva Agostino (Agostino, Confessioni 10, 43). Isidoro di Siviglia nelle sue Etimologie definisce il sacerdote con la terminologia sacrale di Roma pagana: «Il sacerdote viene da sacrificare, come il re deriva da reggere» (Isidoro, Etymologiae 9, 4 3, 4 PL 82, 342); egli è colui che « dona cose sacre, consacra e santifica»consacra e santifica » (Ivi 7, 12, 17 PL 82, 292 A cf 7, 12, 21).

Mentre in un primo tempo l'offerta dei cristiani consisteva nel pane, nel vino e nell'olio che i fedeli portavano per la cena del Signore, più tardi divenne tale la « consacrazione dell'ostia e del vino » compiuta dal celebrante, il quale si trasformò così automaticamente in un sacerdote. L'iniziale banchetto comunitario eucaristico celebrato di casa in casa, divenne un atto sacrificale, riservato ai sacerdoti. Il « corpo del Signore » non è più la chiesa, ma è ciò che « miracolosamente » si avvera con le parole della consacrazione pronunciate dal sacerdote! Il sacerdote più che a una comunità restò legato al santuario; per cui Ambrogio bramava essere sepolto sotto l'altare dove era solito offrire i sacrifici.

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Nel III secolo l'importanza del vescovo era tale che i presbiteri passano nell'ombra: è il vescovo che presiede, insegna ai fedeli, battezza, riconcilia, ordina i ministri sacri e viene chiamato sacerdos, summus sacerdos, ieréus, archieréus. Cipriano, protagonista della teologia episcopale, fu seguito da Sidonio Apollinare (m. 485) per il quale il vescovo fa tutto. Orosio, parlando verso il 417 della persecuzione di Massimino contro « i sacerdoti e i chierici », li chiama « i dottori ».

Al IV secolo, con la pace costantiniana, i presbiteri, abbandonate le città per evangelizzare le campagne, vale a dire i pagani, gli abitanti cioè dei campi (pagos), iniziarono a compiere delle funzioni prima riservate ai vescovi e perciò vennero anch'essi riconosciuti « sacerdoti » (secundi ordiniis). Così accanto alla teologia del sacerdozio episcopale già formata, si strutturò in quel tempo la teologia sacerdotale dei presbiteri (Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia, Ambrogio, Agostino, Girolamo).

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La cultualizzazione del ministero sacerdotale si è però attuata lentamente: in Agostino e Girolamo il sacerdozio è ancora presentato anzitutto come « dispensazione della parola» assieme alla « dispensazione del corpo del Signore» (Eucarestia). E' però già spinta in avanti con Giovanni Crisostomo e soprattutto nel VI secolo con lo Psuedo-Dionigi. Infatti da quel tempo l'omelia andò perdendo d'interesse per la quasi scomparsa delle eresie, per la scarsa cultura dei presbiteri dell'epoca feudale e per il fatto che la riconciliazione dei penitenti passò in mano ai monaci, riducendo in tal modo le funzioni dei sacerdoti, ad atti prevalentemente sacramentali. Solo l'Ambrosiastro, parlando del sacerdozio dei fedeli, afferma ancora che tutti possono essere scelti come sacerdoti:

Sotto la legge i sacerdoti nascevano dalla stirpe del levita Aronne, ora al contrario tutti appartengono alla classe sacerdotale, dal momento che Pietro apostolo dice: Voi siete un genere sacerdotale e regale. perciò dal popolo si può fare un sacerdote (Ambrosiastro, Comm. in Ep. ad Ephes. 4, 11-12 PL 17, 410 D).

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c) Riforma e controriforma

Per tutto il medio Evo l'attenzione si rivolse esclusivamente al sacerdozio ministeriale, mentre il sacerdozio di tutti i fedeli rimase nell'ombra. Dopo Tertulliano, fu Lutero a riaffermare in modo assai forte l'esistenza del sacerdozio comune a tutti i battezzati:

Questo sacramento dell'ordine – scrive Lutero – è ignorato dalla Chiesa di Cristo; esso è stato inventato dalla Chiesa del papa. Non solo, ad esso non è legata alcuna promessa di grazia, perché in tutto il Nuovo Testamento non se ne parla nemmeno. E' ridicolo affermare che esiste un sacramento, là dove l'istituzione divina non può essere in alcun modo provata (Lutero, De captivitate babylonica, in «Opera» (Weimar) 6, 560).

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Secondo Lutero l'ordinazione sacerdotale è una pura cerimonia ecclesiastica, un rito per eleggere i predicatori nella chiesa, attuata con il consenso del popolo e che dà solo quel potere che l'assemblea dei fedeli delega ad essi.

Contro il riformatore il Concilio di Trento ha affermato che il sacerdozio cattolico è un vero sacerdozio e l'ordinazione dona ai cristiani il potere di « consacrare, offrire e dispensare il suo corpo e il suo sangue, il potere di rimettere e ritenere i peccati». Il sacerdozio di tutti i cristiani diviene diverso da quello ministeriale:

Chiunque affermi che tutti i cristiani sono senza distinzione sacerdoti del Nuovo Testamento o che possiedono tutti un eguale potere spirituale, non fa altro che rovinare la gerarchia ecclesiastica... è come se affermasse, contro l'insegnamento di Paolo, che tutti i cristiani sono apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori (Denz. Sch. 1767).

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Sorse allora la tendenza di considerare il sacerdozio di tutti i credenti come un sacerdozio «metaforico», mentre solo quello ministeriale sarebbe il vero sacerdozio cristiano:

Il sacerdozio santo dei fedeli «non è un sacerdozio in senso proprio ma in senso metaforico»; quello ministeriale abilita ad «offrire pubblicamente a Dio il sacrificio », quello dei fedeli riguarda « la virtù religiosa» (Card. Gaetano m. 1534). Anche Giovanni Fischer (m, 1535) scriveva: « Non neghiamo che ogni membro del popolo cristiano sia chiamato sacerdote nelle Scritture. Ma a confronto del sacerdozio di coloro che sono sacerdoti in quanto presbiteri e pastori, esso è un puro sacerdozio metaforico ». « Nessuno, a qualunque razza, età e condizione appartenga, è escluso da questo sacerdozio improprio e metaforico» (Tommaso da Villanova); « Non cadere nel laccio degli eretici e non sostenere con il passo di Pietro, che tutti i cristiani sono dei veri sacerdoti».

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Nonostante la successiva valorizzazione del sacerdozio dei fedeli (J.A. Möhler; Pio XI Miserentissimus Redemptor, 8-5-28; e Mediatore Dei di Pio XII 10-11-47), Pio XII ha fatto una riserva esplicita contro la confusione dei due sacerdozi, comune e ministeriale.

Vi sono, ai nostri giorni, alcuni che, avvicinandosi ad errori già condannati, insegnano che nel Nuovo Testamento si conosce soltanto un sacerdozio che spetta a tutti i battezzati, e che il precetto dato da Gesù agli apostoli nell'ultima cena di fare ciò che egli aveva fatto, si riferisce direttamente a tutta la Chiesa dei cristiani, così che e soltanto in seguito è subentrato il sacerdozio gerarchico, Sostengono perciò, che solo il popolo gode di una vera potestà sacerdotale, mentre il sacerdote agisce unicamente per ufficio affidatogli dalla comunità. Essi ritengono, di conseguenza, che il sacrificio eucaristico è una vera e propria concelebrazione e che è meglio che i sacerdoti concelebrino assieme al popolo presente piuttosto che offrire privatamente, in sua assenza, il sacrificio (Enciclica Mediatore Dei, in «Civ. Catt.» 1947 IV, p. 504).

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d) Crisi sacerdotale, Vaticano II, Paolo VI

Una grande crisi avvolge oggi il ministero sacerdotale considerato dalla scienza delle religioni il frutto del processo che ha trasformato l'originario profeta in un semplice funzionario ecclesiastico. La psicologia vi vede l'effetto cosciente o incosciente delle forze dell'io. La sociologia vi riscontra la conseguenza dell'isolamento del sacro dal profano con una idealizzazione mitica. Il sacerdozio nelle strutture sociali autoritarie ha assunto modi burocratici, che rendono sempre più difficile il rapporto umano e il soddisfacimento dei grandi imperativi religiosi. Ai filosofi il sacerdote appare come decadenza della personalità (Nietzsche) o come sublimazione incosciente della libido (Freud). Tutti questi attacchi hanno reso vacillanti molti sacerdoti, che cominciano a dubitare del loro stato, e contestano vivacemente il loro sacerdozio.. Il Vaticano II, pur valorizzando meglio il sacerdozio dei fedeli, ha tuttavia conservato la dottrina tradizionale sul sacerdozio. Tutti i cristiani sono dei sacerdoti, in quanto:

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12/05/2011 18:39

vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo per offrire mediante le opere del cristiano, sacrifici spirituali e far conoscere i prodigi di Colui che dalle tenebre li ha chiamati all'ammirabile sua luce (CC 10 a.).

Il Vaticano ha però aggiunto che il sacerdozio ministeriale differisce da quello universale dei cristiani non solo di «grado» ma anche « essenzialmente». I diaconi sono « fortificati dalla grazia sacramentale », i presbiteri « pur non possedendo l'apice del sacerdozio... sono tuttavia congiunti a loro (i vescovi) per l'onore sacerdotale e in virtù del sacramento dell'ordine vengono consacrati a immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote... quali versi sacerdoti del Nuovo Testamento». La consacrazione episcopale conferisce ai vescovi « la pienezza del sacramento dell'ordine».

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Triplice è l'ufficio sacerdotale: annunziare la parola di Dio (profetico), « offrire il sacrificio e perdonare i peccati » (sacerdotale), governare i fedeli, il che spetta propriamente ai vescovi, i quali assieme «all'ufficio santificante » ricevono alla consacrazione anche « l'ufficio di insegnamento e di governo» (potere, regale, CC. 21).

Contro i dubbi odierni Paolo VI più e più volte ha riaffermato il carattere sacerdotale dei ministri del culto (vescovi, presbiteri) come appare da citazioni che si potrebbero moltiplicare a piacimento. Nel discorso ai quaresimalisti del 1968, egli così affermava:

I l sacerdote è l'uomo di Dio, il ministro del Signore; egli può compiere atti trascendenti l'efficacia naturale, perché agisce in persona Christi, passa attraverso lui una vita superiore, della quale egli umile e glorioso, in dati momenti è fatto valido strumento; è veicolo dello Spirito Santo. Un rapporto unico, una delega, una fiducia divina intercorre tra lui e il mondo (ivi). Il sacerdote – diceva Paolo VI – è un sacramento, una significazione interiore, consistente nel conferimento di particolari, prodigiose facoltà, che abilitano il sacerdote ad agire in persona Christi. Il sacerdote rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine.

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Dopo l'ordinazione di alcuni sacerdoti a Manila, Paolo VI disse loro che «il battito del cuore di Cristo vibra in quello del sacerdote fedele». Secondo lui, nel Nuovo Testamento:

non esiste che un solo vero sacerdozio, quello di Gesù Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini (1 Ti 2, 5); ma in virtù del sacramento dell'Ordine, voi siete diventati partecipi del Sacerdozio di Cristo, così che voi non solo rappresentate Cristo, non solo esercitate il suo ministero, ma vivete il Cristo. Cristo vive in voi; voi potete dire (on quanto a lui associati in un grado così alto e così pieno di partecipazione alla sua missione di salvezza) come diceva S. Paolo di sé: Io vivo, ma non sono più io: è Cristo che vive in me (Ga 2, 20).

Anche più recentemente Paolo VI ai parroci e ai quaresimalisti romani ripeteva:

Egli (il sacerdote) è il presbitero, il ministro del culto, l'apostolo, il pastore del popolo di Dio, l'operaio della carità, il consigliere, la guida, l'amico per tutti, è un altro Cristo (Oss. Rom. 29-11-70 p. 3 e Oss. Rom. 18-2-72, p. 1).

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3) Ordinazione sacerdotale

Il potere sacerdotale viene trasmesso a quei cristiani che hanno ricevuta l'ordinazione sacerdotale, la quale tuttavia è passata attraverso varie fasi nel corso dei secoli.

a) Imposizione delle mani

Verso il 215 apparve la prima descrizione dell'ordinazione sacerdotale nella Tradizione apostolica composta dal vescovo di Roma Ippolito (prima antipapa, poi martire). Il vescovo – vi si prescrive – deve essere ordinato in giorno di domenica mediante l'imposizione delle mani di un vescovo alla presenza dei vescovi e di tutto il collegio dei preti (presbyterium), ma solo dopo essere stato scelto dal popolo.

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