LA CONVERSIONE DI SAULO

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Sacerdozio..e ministeri..

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2011 18:57
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12/05/2011 18:31

Di più il concetto di merito non appare negli scritti apostolici: Gesù ai suoi discepoli narra la parabola del padrone che allo schiavo tornato dai campi dopo una giornata di dura fatica, anziché dirgli di sedere a tavola per mangiare, gli ordina di preparargli la cena». « Così anche voi – conclude Gesù rivolgendosi agli apostoli – quando avrete compiuto tutto quello che vi era stato ordinato, dite: Siamo degli schiavi inutili, abbiamo compiuto solo quel che dovevamo fare » (Lc 17, 10). Altro che merito! Siamo agli antipodi del concetto di merito dell'ebraismo, secondo il quale i meriti dei padri giovano ai figli e quelli dei figli tornano a vantaggio dei loro padri. Paolo, dopo aver combattuto il buon combattimento e aver completato la sua corsa sino alla fine, dopo aver conservato la fede, è sicuro di ricevere la « corona» (stéfanos) da parte del Signore, il giusto giudice, ma sa che essa sarà donata anche a tutti coloro che lavorarono soltanto l'ultima ora, senza aver sopportato l'arsura del caldo e il peso di tutta la giornata (Mt 20, 1-16).

Al tempo apostolico Gesù era l'unico intermediario (1 Ti 2, 5) e non il termine della preghiera, perché lui stesso ci insegna a rivolgerci solo al Padre: « Padre nostro che sei nei cieli» (Mt 6, 9), fidando nella sua intercessione («nome») (Gv 14, 14; 16, 23.26 s).

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Al Cristo i cristiani i cristiani rivolgevano solo delle invocazioni, come fece Stefano alla sua morte (At 7, 59) e Paolo per Onesiforo (2 Ti 1, 16 ss). Fu solo nel V secolo che si attuò un cambiamento nella preghiera che, anziché venire rivolta solo al Padre, nel nome – vale a dire per intercessione di Gesù – fu indirizzata direttamente al Cristo. Questi da intermediario, com'era prima, divenne oggetto di preghiera.

E' vero che Pio XII ha negato questo fatto nella sua enciclica Mystici corporis (1943):

Certuni infine dicono che le nostre preghiere non devono essere dirette alla stessa persona di Gesù Cristo, ma piuttosto a Dio e all'Eterno Padre per mezzo di Gesù Cristo, perché il nostro salvatore, in quanto capo del suo corpo mistico, dev'essere considerato semplicemente mediatore di Dio o degli uomini (1 Ti 2, 5). Ma ciò non solo si oppone alla mente della Chiesa e alla consuetudine dei cristiani, ma offende anche la verità. Tutti i cristiani devono conoscere e comprendere chiaramente che l'uomo Gesù Cristo è lo stesso Figlio di Dio e il medesimo Dio (Pio XII, Enc. Mystici corporis 1943 in «Tutte le Encicliche» a cura di E. Momigliano, Dall'Oglio, Milano 1959, p. 1193 s).

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Ma è pur vero che la storia liturgica ci documenta tale cambiamento, che non può essere negato. I martiri, ad esempio Stefano, furono pianti dai cristiani, ma non invocati (At 8, 2). Il culto ai santi, ai martiri, alle immagini, alle reliquie, è frutto di un adattamento della chiesa alla massa pagana, che durante il IV secolo fu costretta a convertirsi. Abituata com'era a venerare i propri dei e semidei, se li vide sostituire con i santi cristiani. Eppure Gesù non ha mai cercato di seguire le masse, ma ha sempre preteso la conversione individuale (Mt 4, 17) ed ha parlato di porta stretta (Mt 7, 13 s). Monito perché la chiesa non guardi alle masse, ma cerchi di formare dei credenti sinceri!

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) Cristianesimo e tempio

E' impossibile sintetizzare in poche righe la storia del tempio nel quale usualmente si attua la liturgia, tanto più che mancano sul tema libri che non siano di intonazione e di valutazione cattolica. Mi sia quindi scusata la presente audacia con la quale cerco di dare alcune linee direttive da ampliarsi in studi ulteriori.

a) Templi pagani e giudaici

Tutti i gentili ebbero e hanno i loro templi dedicati a diverse divinità, le quali in essi distribuiscono i loro favori ai devoti che vi si recano in pellegrinaggio o in preghiera. Anche gli Ebrei ritenevano che Dio dimorasse particolarmente nel tempio di Gerusalemme, ritenuto per questo l'ombelico (= centro) della terra, e lo ritenevano un potente talismano contro ogni malanno, per cui, quando Geremia si mise a profetizzare la distruzione della città, essi vi opposero la fiducia nel santuario divino: « Tempio di Jahvé! Tempio di Jahvé! non periremo mai » (Gr 7, 4) Alcuni dei dissidenti avevano costruito un loro proprio tempio sul monte Garizim (Samaria), ad Elefantina (V secolo) e a Leontopoli, in Egitto, dove Onia IV aveva eretto verso il 140 a.C. un santuario divenuto il centro religioso degli ellenisti. La tradizione ebraica pose poi nel luogo del tempio di Gerusalemme, eretto da Salomone, i più rilevanti atti salvifici di Dio, come la sepoltura di Adamo, l'immolazione di Isacco, la deposizione dell'arca da parte di Davide.
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Anche la tradizione giudeo-cristiana, riprendendo tale concetto, suppose che Adamo fosse stato seppellito proprio sotto il Calvario, per cui il sangue del nuovo Adamo colando dalla croce sul teschio del primo uomo, ne avrebbe purificato la colpa. Tale leggenda sopravvisse anche nel Medio Evo creando l'immagine dell'albero della vita (Gesù Cristo) che affonda le sue radici nel sepolcro di Adamo. Gesù Cristo è venuto a distruggere non solo la casta sacerdotale, ma anche il tempio come risulta dalla frase che Gesù rivolse alla samaritana: « Credimi, donna, è venuta l'ora in cui né su questo monte (Garizim) né a Gerusalemme adorerete il Padre... Viene l'ora, ed è proprio questa, nella quale i veri adoratori adoreranno il Padre mediante lo Spirito e in verità. Tali sono infatti gli adoratori che il Padre ricerca » (Gv 4, 21.23). Al che fanno eco le parole di Paolo all'aeropago ateniese: « Quel Dio che ha fatto il mondo e quanto è in esso, Signore com'è del cielo e della terra, non dimora in templi fatti da mano d'uomo né viene servito da mani umane, quasi avesse bisogno di qualcosa, egli che a tutti dà respiro e vita e ogni altro bene» (At 17, 24 s).
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b) Dalla casa alla basilica

Dopo che la sinagoga ebbe respinto il cristianesimo, fu la famiglia ad ereditare la vita dell'assemblea cristiana e a sostituire il servizio inerente della parola: lì si insegna l'evangelo, lì si battezza e si compie l'eucarestia, lì si esercita la beneficenza. «L'assemblea era la stessa ekklesìa, invitata e ricevuta nel quadro domestico. A questa ekklesìa la casa offriva in primo luogo il sostegno attivo della ospitalità e degli usi che regolavano tale ospitalità» (J.P. Audet, Matrimonio e celibato nel servizio pastorale della Chiesa, Brescia 1967, p. 100). Le famiglie di Cornelio, di Lidia, di Prisca e Aquila, di Ninfa, di Filemone e Appia offrirono la propria struttura familiare a servizio della chiesa e si assunsero delle responsabilità anche nei confronti dell'annunzio del vangelo.

Lungo il III secolo si andò diffondendo l'uso della domus ecclasiae, per cui una vecchia casa (che non è più quella di un membro di chiesa) venne riadattata e ingrandita, abbattendo i muri divisori di alcune stanze, secondo l'esigenze delle assemblee (di solito non superiori alla sessantina). Essa divenne così il luogo fisso sempre disponibile per le riunioni. Siccome ormai il clero si era andato distinguendo dai laici, vi si instaura una struttura interna abbastanza rigida:

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12/05/2011 18:32

Che i presbiteri – scrive la Didascalia degli Apostoli composta in Siria al III secolo – abbiano il loro posto al centro della parte orientale della casa; che la cattedra del vescovo sia posta in mezzo a loro e che i presbiteri siedano con lui. Poi, che gli uomini di stato laico abbiano il loro posto in un'altra parte della casa... Voi dovete sempre pregare in direzione di oriente (Il passo si legge al c. 57, probabilmente un'aggiunta del VII secolo, in Antenicene Fathers vol. 7, p. 421).

Il vescovo non deve interrompere il discorso che sta facendo, nemmeno se entrano uomini e donne di rango nobile e onorate dalla società; i diaconi li riveriranno e cercheranno un posto per loro. Vi deve dominare l'ospitalità: « Se un povero uomo o uno straniero, soprattutto se di età avanzata, arriva e non trova più posto, i diaconi devono trovare un posto per lui, affinché non vi sia accettazione di persone dinanzi al Signore » (Costituzioni apostoliche c. 58 ivi p. 422).

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12/05/2011 18:33

Con il IV secolo per l'aumentato numero dei cristiani (conversioni in massa), per l'accresciuta disponibilità economica, per l'organizzazione ecclesiastica, si iniziarono a costruire le chiese ex novo, adottando la pianta basilicale che evocava sogni di grandezza imperiale (così la basilica del S. Sepolcro eretta da Elena, la madre di Costantino). In tale secolo dalla comunità fraterna si passò alla folla anonima (sociologia), dalla carità al diritto (organizzazione), dal servizio al potere (psicologia), dalla rivelazione alla ideologia (cultura). Mentre i primi cristiani « non avevano né tempio né altare» (Minucio Felice), ora questi riappaiono; infatti la basilica, quale luogo di culto, deve essere consacrata. Da quel momento i cristiani – che non sono più un'esigua minoranza – poterono contrattare da pari a pari con i potenti del mondo. Così in oriente la chiesa si inserì nella politica regale (si pensi a Giustiniano), mentre in occidente, dove mancava una forza civile di polso, la chiesa andò assumendo un proprio potere sempre in aumento: alla vecchia Roma si andò sostituendo la nuova Roma. Il momento in cui la religione cristiana divenne religione di stato fu uno dei più sciagurati dal punto di vista della fede. I vescovi, trattando con i principi mondani, giunsero a compromessi con le credenze e le istituzioni pagane e si assunsero responsabilità politiche, persino militari, stando di continuo sottoposti alla tentazione della ricchezza. Solo nei piccoli centri si andò conservando il modello degli antichi luoghi di culto che nella loro povertà si riducevano, come avrebbero dovuto essere, a ritrovo di persone in preghiera e in adorazione. Ma nelle città di una certa importanza, si andarono sempre più imponendo i templi grandiosi, segno di potenza e di gloria fastosa.

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Tuttavia nel Medioevo la cattedrale era ancora e veramente la "casa del popolo" come un luogo in cui il popolo amava riunirsi. E' assolutamente certo che, fin dalla sua costruzione, la cattedrale fu utilizzata come sala comune, "parlatorio dei borghesi", tribunale o borsa di commercio, e per molti altri usi. Questo era affatto naturale. Poiché non c'era una sala altrettanto vasta e comoda, perché non chiederla in prestito al buon Dio? Il cristiano del Medio Evo, proprio perché era un vero cristiano, non si sentiva tanto intimidito dinanzi al Signore. Si prendeva con lui e con la sua dimora certe libertà che oggi scandalizzerebbero molti. Solo le grandi cerimonie in S. Pietro a Roma con le loro folle accalcate, con le loro acclamazioni al Papa, portato sulla sedia gestatoria, possono dare una pallide idea di ciò che era comune nei luoghi di pellegrinaggio, per esempio a Chartres, dove tutta quella brava gente consumava in chiesa le sue colazioni al sacco o vi dormiva sdraiata per terra, « pernoctans», come dicono certi vecchi testi.

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c) templi aristocratici e regali

Con Gregorio VII (m. 1085), che aveva una concezione estremamente teocratica della politica e che aveva fiducia nell'autorità e nelle riforme programmate dall'alto, vale a dire dal papato, dominò la logica del realismo politico e della legge imperante. Con lui i monasteri persero il contatto con le masse e l'abbazia divenne una specie di roccaforte militare; gli stessi santuari monastici persero la primitiva sobrietà per divenire sontuosi e per adeguarsi ai modelli imperanti. La dimensione religiosa penetrò allora nella società, come elemento indispensabile ma spesso esteriore: alla chiesa si ricollegò la piazza del mercato. Nel medesimo luogo si svolgevano le processioni, gli affari economici, i conflitti cittadini, le discussioni politiche, le esecuzioni degli eretici e i giochi folcloristici. L'edificio sacro si trasformò in un investimento turistico, simbolo di potere, palestra di educazione, libro di rivelazione. Ma la parola di Dio rimase in tal modo incatenata.

Sorsero così dapprima i grandi templi gotici, con i loro archi acuti e le guglie svettanti verso il cielo, segno di potenza terrestre che cerca di salire a Dio.

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12/05/2011 18:33

Con il primo rinascimento, gli umanisti del '500 si dilettarono dell'uomo. nel quale euritmia e misura erano prevalenti creando così un equilibrio tra ragione ed affetti. L'uomo, ritenuto il signore del mondo, è posto in mezzo tra cielo e terra. L'architettura rinascimentale creò degli edifici religiosi che con rigore geometrico ubbidiscono all'antica simbologia cosmica e si collocano magicamente nell'universo. Classico esempio la cupola del duomo di Firenze (Santa Maria del Fiore) senza travature, simbolo di un messaggio umanistico che ignora l'usura del mutamento e che è finanziato da un mecenatismo senza pudore, voluto da una cultura aristocratica.

La rigida programmazione dommatica istituzionale e liturgica instaurata dal concilio di Trento, sfociò artisticamente nell'architettura religiosa barocca (XVII secolo), dove il simbolismo cosmico e la pietà popolare si armonizzano seguendo schemi di repertorio magico.. Si è così andata dimenticando la funzionalità degli antichi luoghi di riunione cristiana del tempo apostolico, dove ospitalità, amore e fraternità erano gli elementi distintivi ai quali l'edificio stava sottoposto. Anche nel tempio si avverò di conseguenza quella sacralizzazione che abbiamo già vista – o vedremo – in molti altri elementi del cristianesimo primitivo.

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d) Reazione monastica ed ereticale

La parola di Dio non potè tuttavia essere incatenata del tutto e creò quella reazione che possiamo vedere dapprima presso i cenobiti o i monaci del III-IV secolo, e che sorse dapprima in oriente dove la tentazione della ricchezza e della accettazione degli schemi legati all'imperatore era dominante. La vita cenobitica era legata al rifiuto della sacralità e del tempio.

Le polemiche contro il tempio di Salomone erano in realtà dirette contro le chiese del loro tempo, sontuose e dominate dal culto dei santi. I cenobiti volevano così protestare contro i solenni «santuari» gremiti di folla superstiziosa e anonima, mentre il vero tempio di Dio dovrebbe essere il Cristo e la sua comunità. Contro la Gerusalemme terrestre essi ricuperarono l'idea di una società regolata dall'amore fraterno (Gerusalemme celest
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12/05/2011 18:34

La spiritualità monastica, fondata essenzialmente sulla Bibbia, non concedeva nulla alle superstizioni popolari; lo stesso oratorio non aveva nulla in comune con le grandi Chiese e rifiutava in blocco il lusso e la simbolologia cosmica restituendo allo spazio la semplice funzione di ospitare la comunità orante.. Ma c'è un ultimo elemento che non deve essere dimenticato: il monastero ha tentato di dare una traduzione giuridica ad un modello di vita utopico fondato sulle semplici relazioni familiari; l'autorità è il Padre, i monaci sono i fratelli, la legge suprema è l'amore, la povertà è il lavoro e il servizio (G. Landucci, note sparse... a.c. p. 252).

Una nuova protesta sorse nel 1200 in seno alla stessa chiesa con Pietro Valdo, Francesco d'Assisi e i movimenti ereticali del tempo che tentarono inutilmente una via di riforma. Tornando allo spirito delle origini cristiane, essi, contestando la struttura sociale del tempo, proposero:

il servizio volontario cristiano e il libero scambio di doni di fronte a una organizzazione economica fondata sull'acquisto e sul guadagno; dettero la loro testimonianza non ritirandosi dal mondo, come facevano i monaci, ma vivendo tra gli uomini, predicando con le azioni, lavorando con gli altri, vivendo in povertà senza la preoccupazione del domani. La vita per loro non doveva essere rinserrata negli edifici, ma vissuta come un cantico. Francesco radunava i fratelli e le sorelle alla Porziuncola. Contestando l'istituzione e la sua ricchezza, si contestarono pure gli edifici sacri, frutto e simbolo di quella ricchezza. L'idea di una Chiesa povera fondata sull'amore non può essere materializzata in un edificio. E la Chiesa di S. Francesco ad Assisi è la perenne testimonianza di un tradimento. Le città sognate da Francesco e dagli eretici medievali non furono mai costruite, perché presupponevano una umanità diversa (Ivi p. 254).

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12/05/2011 18:34

e) Valutazione

Gesù cristo, pur definendo il tempio di Gerusalemme una «casa di orazione » – si ricordi la scacciata dal tempio dei profanatori – ne preannunzia la distruzione a motivo dell'incredulità delle guide ebraiche (Mc 12, 1-12). Secondo gli Atti degli apostoli il gruppo giudeo-cristiano, rappresentato da Stefano, fu il primo a scoprire che la fede in Gesù significava l'abolizione di tutto quanto era simboleggiato nel tempio giudaico. Ora che la realtà è venuta, l'ombra deve scomparire (At 6, 11 ss e c. 7). Anzi la « riedificazione della tenda di Davide» (At 15, 13-18 da Am 9, 11), nella interpretazione che aveva assunto presso gli Esseni di Qumrân, presignificava la creazione di un tempio spirituale costituito dai membri della nuova comunità, nel nostro caso la chiesa.

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12/05/2011 18:34

Il tempio di Dio secondo Paolo, il teologo della chiesa, non è formato da un edificio bensì dai cristiani che costituiscono la chiesa di Dio (la chiesa infatti non è un'entità astratta bensì è costituita dai membri che sono i singoli credenti. I cristiani sono quindi il tempio di Dio. Essi sono tali perché in loro dimora lo Spirito di Dio. « Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?... IL tempio di Dio è santo e tali siete voi» (1 Co 3, 16 s). Di conseguenza i cristiani devono staccarsi da ogni genere di idoli: « Quale compatibilità vi può essere tra il tempio di Dio e gli doli? Noi siamo il tempio di Dio vivente, come ha detto Dio: Io camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo » (2 Co 6, 16 s). Se i cristiani sono il tempio di Dio anche il loro corpo è tale, per cui essi devono conservare un corpo santo alieno da ogni fornicazione: « Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che dimora in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi voi non appartenete più a voi stessi. Infatti siete stati comprati (da Gesù) a gran prezzo » (1 Co 6, 19 s).

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I cristiani sono il tempio di Dio perché uniti a Gesù, che è il tempio nel quale i cristiani si raccolgono per rivolgere a Dio le loro preghiere. Non in un luogo, ma in una persona si realizza il tempio vivente dei singoli cristiani.

Per Giovanni il tempio che sostituisce quello giudaico è Gesù Cristo stesso, perché il suo corpo glorioso è dimora della Parola divina che in lui ha creato la sua tenda in mezzo agli uomini (Gv 1, 14; 2, 19-22). La teologia del tempio raggiunge il suo culmine con la lettera agli Ebrei e l'Apocalisse. Dopo il suo sacrificio Gesù è salito al cielo, penetrando così nel tempio celeste, e con lui vi erano anche i cristiani che per fede sono uniti a questo sommo sacerdote del nuovo patto (Eb 9, 11-14, 24; 4, 16; 6, 19 s; 10, 19 s). Secondo l'Apocalisse vi è un tempio in cielo dove sul trono siede l'agnello immolato e si celebra una liturgia di preghiera e di lode (Ap 5, 6-14; 7, 15). Alla fine dei tempi la Gerusalemme celeste scenderà sulla terra; ma anche in essa non vi sarà alcun tempio perché nel suo mezzo si trovano Dio stesso e il suo agnello che così prendono dimora in mezzo ai credenti. Allora i fedeli raggiungeranno direttamente Dio e lo contempleranno faccia a faccia (Ap 21, 22). Come si vede tutti i dati biblici del Nuovo Testamento si accordano nell'eliminare il tempio-edificio per spiritualizzarne l'essenza e per identificarlo di volta in volta con il cristo, con la chiesa nel suo insieme o con i singoli cristiani. Ma nel corso dei secoli, ciò che era stato eliminato con il cristo, rientrò nella chiesa la quale riedificò il tempio come vi aveva reintrodotto anche il sacerdozio; pur esso eliminato da Gesù o meglio esteso a tutti i credenti.

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Nella società odierna i luoghi di culto non dovrebbero essere dei santuari sacri, bensì dei luoghi di raccoglimento per l'uomo assordato da mille rumori, frastornato da mille distrazioni e quindi bisognoso di raccoglimento e di silenzio. Quivi, nell'intimità della meditazione e nel contatto con Dio, non sempre possibile nelle rumorose case e nelle famiglie moderne, potrebbe realizzarsi un incontro con il Signore. Oggi che è così difficile trovare un luogo montano isolato dove concentrarsi, come faceva Gesù durante la sua preghiera notturna, il luogo di culto dovrebbe supplirvi, e formare quelle oasi di serenità nella eccitazione della vita moderna. Si dovrebbe far meglio comprendere che noi siamo il tempio di Dio e che il mezzo migliore per un nostro incontro con Lui sta proprio nell'incontro con il fratello bisognoso.

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6) Conclusione

Si può quindi concludere che il Concilio Vaticano II, pur avendo cercato di accogliere delle novità liturgiche utili e interessanti, come la lingua parlata, un maggiore intervento del popolo, un'intonazione cristocentrica, non ha saputo continuare la sua riforma fino a raggiungere alla radice e accogliere nella sua integrità le direttive bibliche. Ha continuato a impedire la spontaneità del culto e della preghiera, a cristo ha affiancato Maria e i suoi santi (anche se ha abolito quelli meno conformi alla mentalità moderna), ha persistito nel pregare Gesù dimenticando che l'ufficio di Cristo è esclusivamente quello di mediatore. Il Concilio ha pur sempre valorizzato la casta sacerdotale quale unico strumento autorizzato per attuare la liturgia e per rappresentare ufficialmente la chiesa, a motivo del particolare potere che il sacerdote ha ricevuto da Dio. Ha continuato a sacralizzare il tempio dimenticando che, nel pensiero biblico questo è costituito dal Cristo e dall'insieme dei credenti.

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CAPITOLO TERZO
IL MINISTERO SACERDOTALE NEL CORSO DEI SECOLI

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Indice
1) Tutti sacerdoti
2) Creazione del Ministero Sacerdotale

a) L'esempio giudaico
b) Atti Sacrificali
c) Riforma e controriforma
d) Crisi sacerdotale, Vaticano II, Paolo VI
3) Ordinazione sacerdotale
a) Imposizione delle mani
b) Unzione dell'ordinato (sec. VIII-IX)
c) Conferimento dei vasi sacri (secoli IX.XIX)
d) Imposizione della mani (XX secolo)
4) Problemi aperti
a) Il carattere sacerdotale
b) Primi undici secoli
c) Dalla fine del XIX secolo
d) Discussione moderna sul carattere sacerdotale
e) Sacerdozio speciale del vescovo?
5) Il diaconato
1. Al tempo apostolico
2. Nel II secolo
3. Al III e V secolo
4. Al contrario dal VI al XX secolo
5. le più recenti modifiche
6) Conclusione

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Lo stesso Signore promosse alcuni cristiani come ministri, in modo che nella società dei fedeli avessero la sacra potestà dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini, in forma ufficiale, la funzione sacerdotale (Presbiterorum ordinis 2, b).
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1) Tutti Sacerdoti

Seguendo la dottrina neotestamentaria nei primordi del cristianesimo, tutti i cristiani, uomini e donne, erano ritenuti dei sacerdoti. Clemente Romano chiama Gesù Cristo il pontefice dei nostri sacrifici. Ignazio di Antiochia ricorda che i credenti « sono pietre viventi del tempio del Padre, destinati all'edificio spirituale... e ad essere portatori di Dio». Giustino afferma che nel battesimo « Cristo ci purificò e ci rese una casa di preghiera e di adorazione »; riferendosi poi a Malachia afferma che « noi cristiani siamo la vera razza arcisacerdotale di Dio» in quanto gli offriamo sacrifici gradevoli e puri. Per Ireneo tutti i giusti costituiscono l'ordine sacerdotale, vale a dire appartengono alla schiera dei sacerdoti, così come i senatori e i cavalieri appartengono rispettivamente all'ordine senatoriale ed equestre; se tutta la comunità è un corpo di sacerdoti, essa postula dei costumi esemplari.

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