LA CONVERSIONE DI SAULO

LA CONVERSIONE DI SAULO

 
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Riflessioni su GENESI

Ultimo Aggiornamento: 11/05/2011 18:40
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Il progetto che Dio ha su ognuno di noi non è altro che la nostra identità, perché è la nostra vocazione che corrisponde alla nostra identità. Io sono io nella misura in cui realizzo la vocazione che Dio mi ha donato e il progetto di Dio su di me. Il progetto di Dio su di me non è altro che Bruna. E io sono Bruna solo nella misura in cui accetto di vivere come Bruna. Dio ama me come Bruna ed è questo che mi fa Bruna, e non madre Francesca. Ed è questo che ci fa diverse. Se poi io invece dico: “Ma io e Francesca siamo diverse, solo che Francesca canta bene (l’ho sentita in chiesa) e io sono stonata, allora vuol dire che Dio ama Francesca più di me (non che ha un progetto diverso)”. E’ chiaro che appena io entro in questa prospettiva questo vuol dire:

Che a me il modo in cui Dio mi ama non mi interessa e non mi piace.
Che non mi piace il modo in cui Dio ama Francesca. E non mi piace perché o io vorrei essere al suo posto, quindi vorrei che lei non ci fosse per poter essere, io, lei. O non mi piace perché Francesca mi è antipatica, non mi piace il suo modo di pensare e vorrei che lei non ci fosse.
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Vedete che in entrambi i casi io vorrei che lei non ci fosse, o perché la vorrei diversa da come è perché così com’è non mi piace, o perché siccome mi piace troppo vorrei essere io al suo posto e per questo lei non può esserci. Comunque sia, io voglio che lei muoia. Vi accorgete che il racconto di Caino e Abele è messo in Gen 4, nei racconti delle origini, non per raccontare la storia dei due fratelli, ma di ogni uomo.

Non possiamo neanche giustificare Caino dandogli come attenuante il desiderio di essere amato. Perché dire che io voglio essere amato, vuol dire che io non credo che Dio mi ama, e che mi sta amando nel modo giusto per me, e che non c’è un altro modo per amarmi di più. Ed è il problema di Caino. Il problema di Caino è la sua non accettazione del modo in cui Dio ama lui e di conseguenza del modo con cui ama Abele. Non è Abele il vero problema di Caino, il problema è lui e il suo rapporto con Dio e il suo modo di capire, di percepire, di accettare l’amore di Dio per lui. Questo è proprio quello che Dio gli dice.
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Dio allora interviene per aiutarlo a capire che il problema non è Abele, ma che è dentro Caino e nel fatto che Caino deve riconciliarsi con la propria realtà, con il modo con cui Dio lo ama e quindi essere contento dell’amore che Dio ha per lui. Ecco che Dio interviene precisando il vero problema:

“Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo”

Questa frase di Dio in ebraico è molto complessa ed è difficile da capire, ma il senso fondamentale è questo:

Se tu reagisci bene a ciò che invece ti sta facendo adirare, allora guarda che comunque riceverai grazia e non avrai bisogno di essere triste e abbattuto, se invece reagisci male, allora guarda che il problema è tra te e il peccato, che è pronto ad assalirti in agguato alla tua porta. Ma tu devi essere più forte di lui.
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Notate che qui Dio utilizza la stessa espressione “verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo”, che è lo stesso discorso che ha fatto alla donna quando le dice: “Verso tuo marito è il tuo istinto ma lui ti dominerà” e noi dicevamo che significa che tu hai bisogno di tuo marito e lui è più forte e ti domina. Qui Dio sta dicendo che verso di te è l’istinto di questo animale accovacciato alla porta, che sembra così forte, così terribile, ma non è vero. Dio sta rivelando a Caino che il peccato è debole. Tu puoi essere più forte di lui.

C’è la rivelazione della debolezza del male e della possibilità dell’uomo di dominarlo, di essere più forte di lui. Dio sta indicando a Caino il cammino della vittoria sul male, dicendogli che il problema è il modo con cui lui reagisce, con cui si pone davanti a questa percezione dell’amore di Dio. Se reagisci bene non hai nessun motivo di essere triste, se reagisci male allora guarda che il problema è che tu te la devi vedere con il peccato. Ma per quanto terrificante sembri l’animale accovacciato alla porta, tu puoi vincerlo. Notate che in questo discorso che Dio fa a Caino, Abele non viene neppure nominato. Non è che Dio dice: “Guarda, io sì, voglio bene ad Abele, però voglio anche tanto bene a te”. No! Perché non è vero che il problema è Abele, il problema è Caino e il suo rapporto con Dio. E notate un’altra cosa. Caino che percepisce l’amore di Dio per sé come insoddisfacente, perché dice che Dio ama Abele più di lui, è l’unico a cui Dio parla. Dio non parla con Abele, come direbbero a Roma: non se lo fila per niente! Invece corre dietro a Caino perché evidentemente il racconto sta mostrando Dio come il Padre che ama il figlio, lo vede in difficoltà, lo vede in situazione di debolezza e si occupa di lui. Il figlio che non ha bisogno lo lascia andare. E’ il Padre che corre dietro al figlio in difficoltà per aiutarlo ad uscire dalla difficoltà. Tanto è grande l’amore di Dio per Caino.
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E siccome questo racconto serve a farci capire che ognuno di noi è Caino, rendiamoci conto di quant’è grande l’amore di Dio per noi, che non parla ad Abele, parla a noi e ci viene dietro, ci rincorre, cerca di convincerci, cerca di recuperarci fino all’ultimo, perfino dicendoci: “Guarda che tu sei più forte del male e io sono con te ed è per questo che tu sei più forte. Io sono qua, parlo con te, non con Abele”.

Ma Caino non accetta e il rifiuto dell’amore di Dio si concretizza nel rifiuto del fratello, come vi spiegavo prima con l’esempio di madre Francesca. Io alla fine voglio che Francesca non ci sia. Questo diventa omicidio. Il versetto ebraico che descrive l’omicidio è stranissimo, letteralmente dice così:

“E disse Caino ad Abele suo fratello ed avvenne mentre erano nel campo, si alzò Caino contro Abele suo fratello e lo uccise”.

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E’ strano, si racconta che Caino dice qualcosa ad Abele, ma non si dice cosa - nelle vostre traduzioni voi infatti avete: “e disse Caino a suo fratello: andiamo in campagna”, perché questa è l’aggiunta che mette la traduzione greca della LXX. Allora cosa vuol dire questo? Si può interpretare e disse come parlò. Rimane il problema che non si dice cosa si sono detti e poi quel verbo di solito significa proprio disse. C’è un’omissione nel testo e non mi si può venire a dire che copiando si sono persi un pezzo, perché i manoscritti che noi abbiamo sono del Medio Evo, lavorati dai masoreti, che ti spiegano come leggere le parole. C’è una tale attenzione a questo testo che non è proprio possibile che non si siano accorti che qui si dice “E disse ad Abele” e poi non si riferisce che cosa disse. Ripeto, si inserisce l’aggiunta della LXX, ma è chiaro che si tratta di un modo per facilitare le cose, ma il testo di per sé va preso così: e disse Caino ad Abele. E poi non dice niente, e lo uccide.
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La violenza interviene quando le parole sono finite e questa è una costante del testo biblico, che quando parla di nemici dice che rumoreggiano come il mare, o che ruggiscono come leoni, ma non parlano. Perché la parola è portatrice di vita e quando invece si decide la morte non c’è niente da dire.

Caino decide di uccidere il fratello. Così dice il testo: che Caino uccide il fratello. La tradizione giudaica arriva ad una tale profondità di penetrazione del testo da capire ed esplicitare quello che poi il testo dice attraverso il dialogo che si svolge tra Caino e Dio, perché la tradizione giudaica capisce che il male ha una tale forza distruttiva che quando il fratello uccide il fratello si sta uccidendo lui. E’ la forza distruttiva del male. Filone di Alessandria fa questo commento: “Se le parole: Caino si alzò contro suo fratello Abele e lo uccise, suggeriscono a prima vista che è Abele che perisce, esse rivelano invece, ad un esame più approfondito, che è Caino che in realtà si è autodistrutto. Bisogna dunque leggere: Caino si alzò e uccise se stesso”.
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Questo si vede subito dopo. Perché Dio interviene e fa anche a Caino la domanda come l’aveva fatta all’uomo. Questa volta non è: “Dove sei?”, ma: “Dov’è Abele?” Dio che si mette dalla parte della vittima, che in Gen 3 aveva cercato l’uomo e qui cerca la vittima innocente. E’ una domanda che non si aspetta risposta circa la fine di Abele, Dio sa benissimo ciò che è successo, ma deve servire a Caino. Come quel: “Che hai fatto?” Il “Che hai fatto?” rivolto all’uomo e rivolto ora a Caino per metterlo davanti alle sue responsabilità. E’ una domanda che accusa, ma che serve a fare verità per poter salvare l’uomo peccatore. Perché finché l’uomo non prende coscienza di essere peccatore e di dover essere salvato, non si lascia salvare.

Allora ecco le domande accusatorie di Dio che servono ad aiutare Caino a capire di avere bisogno di essere salvato. Caino si rifiuta al dialogo liberante e salvifico e si rifiuta di confessare. Solo che questo rifiuto: “Non lo so, sono forse io il guardiano di mio fratello?” diventa anche però drammaticamente il rifiuto di se stesso e della propria identità. Sono forse io il guardiano di mio fratello? Perché mio fratello non c’è più e Caino sta dicendo che lui ormai non è più il fratello di nessuno. Rifiuta il suo ruolo di fratello maggiore - qui dice il guardiano, ma sarebbe il custode del fratello minore - ma così manifesta la realtà. Rifiutando di essere il fratello di Abele, Caino non è più il fratello di nessuno. Caino quindi non è più nessuno, perché la sua identità era essere fratello di Abele. E ora si comprende: “Che cosa hai fatto?” La domanda accusatoria e la rivelazione di quello che è avvenuto.
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“Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra”.

Ecco la risposta di Caino:

Disse Caino al Signore: “Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”.

Come prima per l’uomo e la donna, sottoposti alla domanda di Dio che vuole fare verità, Caino si ritrova a dire non la verità su ciò che ha fatto, ma la verità di ciò che adesso è avvenuto a motivo di quello che lui ha fatto. Non è Dio che lo manda in giro ramingo, è lui che ormai non può che essere ramingo, perché la terra ormai è imbevuta del sangue di suo fratello ed è lui che ormai è in balia di chiunque lo incontri perché è lui che ha deciso di non voler essere fratello di nessuno.
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Allora adesso il contadino stabile e sedentarizzato diventa nomade, proprio come Abele, solo che ora diventa nomade nella maledizione e chiunque lo incontrerà lo potrà uccidere. Alterati tutti i rapporti. Quello con la terra che è sterile e non dà più vita perché si è imbevuta del sangue del morto. Alterati i rapporti con i fratelli perché tutti lo vogliono uccidere. Alterati i rapporti con Dio perché lui deve fuggire lontano da Dio.

A questo punto Dio risponde in modo analogo a quando aveva dato i vestiti di pelle ad Adamo ed Eva, mettendo un segno su Caino così che non venga ucciso. Il segno però deve indicare che chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte. Allora guardate che questo segno è sì un segno che protegge la vita di Caino, ma è un segno che condanna Caino ad una vita che può persino essere peggio della morte. Perché Caino adesso rimane in vita e nessuno lo uccide, non perché lo amano, non perché rispettano la sua vita, ma solo perché hanno paura della vendetta.
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Caino adesso è vivo solo perché gli altri hanno paura e pensano a se stessi, non perché lo amano. Caino è vivo solo perché gli altri pensano così di mettersi in salvo. La solitudine di Caino ormai è radicale e per poter uscire da quella solitudine, da quell’autodistruzione per cui Caino si è alzato e ha ucciso se stesso, per poter uscire anche da quel segno bisogna aspettare un altro segno. E questa volta sarà il segno definitivo, quello sì che davvero salva, il segno della croce, in cui si manifesta un diverso modo di essere fratello e in cui il fratello primogenito, il Signore Gesù, non uccide i fratelli, ma anzi dà la vita per loro, per amore loro e perché questi fratelli siano definitivamente salvi e salvi persino da quel segno di Caino che viene così definitivamente sostituito dal segno della croce.

Ma il Signore gli disse: “Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!” . Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.
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