LA CONVERSIONE DI SAULO

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PENSIERI

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 18:41
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08/05/2011 18:27

La via che sembra diritta

La Sapienza dice: "V'è tal via che all'uomo par dritta, ma finisce col menare alla morte" (Prov. 14:12).

Un giorno, dopo avere parlato del Vangelo della grazia ad alcuni Testimoni di Geova, mentre si accingevano ad andare via, gli dissi proprio queste parole al che loro risposero: 'E' proprio vero', e io guardandoli bene in faccia replicai loro: 'E questa via è la vostra!'. A questa mia affermazione vidi che furono presi da un certo imbarazzo e direi anche da una certa paura infatti vidi che in faccia diventarono subito rossi.

Ma questo discorso della via che sembra diritta ma finisce con il menare alla morte riguarda pure i Cattolici Romani, i Mormoni, e tanti tanti altri. Insomma riguarda tutti coloro che non seguono veramente Cristo anche se magari pensano di farlo. Sono stati ingannati da vani ragionamenti e pensano di essere nel vero, ma quella strada che stanno seguendo mena diritto all'inferno. Un fratello che prima di convertirsi era un prete ha detto: 'Fossi morto da prete sarei andato diritto diritto in perdizione'. Ovviamente questo lo ha potuto dire perché una volta trovata la via della salvezza ha capito che quella che propone la Chiesa Cattolica Romana è una falsa via della salvezza anche se ha una bella apparenza.

Ah! quanti si trovano sulla via della perdizione e pensano di essere sulla via della salvezza! Ecco l'inganno del diavolo dunque, egli fa apparire la via della perdizione come una via santa e giusta, e sì perché dietro tutto ciò c'è lui, il seduttore di tutto il mondo. E' nostro dovere quindi avvertire tutti coloro che non seguono Cristo ma solo precetti d'uomini che voltano le spalle alla verità che non importa quanto giusta e vera appaia la loro religione essa li sta menando all'inferno.

La via che mena alla vita, o nel Regno di Dio, è solo una e cioè Cristo Gesù, e sono pochi quelli che la trovano; ma chi la segue cammina sicuro e alla fine del corso sarà ricevuto in gloria. Esortiamo gli uomini ad abbandonare la loro falsa via e a prendere questa via che mena in cielo.


( I PENSIERI SONO TRATTI DA LA NUOVA VIA DI G. BUTINDARO)

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Chi si innalza e chi si abbassa

Ci sono due categorie di credenti, coloro che si innalzano e coloro che si abbassano, in altre parole i superbi e gli umili.

I primi fanno di tutto per essere osservati, per raggiungere posti di conduzione in seno alla Chiesa (quando non hanno le caratteristiche necessarie) ricorrendo anche alla menzogna e alla violenza, quello che fanno lo fanno solo per essere osservati dagli altri, non importa se fanno un offerta o se evangelizzano o se fanno qualcosa altro di giusto. Costoro hanno poi la caratteristica che sono attirati dalle cose alte, macchine di grossa cilindrata, vestiti firmati, case di lusso, e quant'altro possa innalzarli sopra gli altri. Quando parlano la superbia li cinge a guisa di collana, la bocca pare che ce l'abbiano in cielo e non sulla terra. Costoro saranno abbassati da Dio perché è scritto che "chiunque si innalza sarà abbassato" (Luca 14:11).

I secondi invece non cercano la gloria degli uomini ma solo la gloria di Dio, sono discreti e riservati, quello che fanno lo fanno solo per la gloria di Dio e con una buona coscienza, non importa di che si tratta. Il loro desiderio è quello di piacere a Dio anziché agli uomini. Non hanno l'animo alle cose alte ma si lasciano attirare dalle cose umili; non cercano di mettersi in mostra ed anche se hanno ricevuto da Dio dei doni non si vantano e non si innalzano sopra gli altri. Costoro vengono innalzati da Dio secondo che è scritto: "Chi si abbassa sarà innalzato" (Luca 14:11).

Nessuno si illuda pensando che innalzandosi si possa avere grazia da Dio perché Dio resiste ai superbi e da invece grazia agli umili (cfr. 1 Piet. 5:5).

Quando uno si innalza pare che Dio non ci faccia caso anzi che lo appoggi e lo confermi, in altre parole pare proprio che Dio sia con i superbi di cuore, ma questo non è affatto vero perché Dio consente al superbo di innalzarsi, di ricevere la gloria degli uomini, per poi avvilirlo e abbassarlo a suo tempo. La stessa cosa - al contrario però - si deve dire a proposito di colui che si abbassa, spesso pare che gli umili non abbiano affatto il favore di Dio, che Dio sia persino contro di loro, ma anche questo non è affatto vero, perché a suo tempo Dio innalza gli umili. Oh, quanto è meraviglioso essere innalzati da Dio! Se c'è una cosa bella da sperimentare nella vita è proprio l'innalzamento compiuto verso noi da Dio. Ma attenzione, una volta innalzati, a non insuperbirci in cuore nostro altrimenti quello che ci aspetta è l'umiliazione inflitta sempre da Dio.

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08/05/2011 18:28

Neppure un passero cade a terra senza il volere di Dio!

Nella nostra vita non ci può succedere nulla senza il volere di Dio perché Gesù ha detto che non cade a terra neppure un passero senza il volere del Padre nostro (cfr. Matt. 10:29); se infatti un uccello non può cadere a terra se non per decreto di Dio come possiamo metterci a pensare che ciò che ci accade sia dovuto al caso o che sfugga al controllo di Dio o che non rientri nel suo volere?

Riconosco che spesso, quantunque ci si umili davanti a Dio e si agisca onestamente sia verso Lui che verso gli uomini, ci accadono delle cose inspiegabili a cui non possiamo dare nessuna risposta; pare che tutto congiuri contro di noi, che una sorta di maledizione divina ci stia colpendo, che Dio abbia deciso di distruggerci, che siamo diventati suoi nemici. In quei momenti è difficile accettare che quello che ci sta accadendo ci accade per volere di Dio; eppure è la verità. E che sia la verità, ce ne accorgiamo solo tempo dopo, talvolta tanto tempo dopo.

Dio ha un piano verso di noi e il suo piano sussisterà; ci piaccia o non ci piaccia il suo piano verso di noi sarà da lui mandato ad effetto. Tenete sempre presente che Dio è infinitamente saggio e sa perfettamente quello che fa. Non è un Dio sbadato che fa le cose a casaccio, ma le fa per delle precise ragioni che anche se non conosciamo sono giuste. Stiamo dunque attenti, quando ci troviamo in queste situazioni molto difficili a non parlare contro Dio perché ci prenderemmo da lui una riprensione, come se la prese Giobbe - per aver biasimato Dio per tutto il male che gli era accaduto - a cui Dio disse: "Chi è costui che oscura i miei disegni con parole prive di senno?" (Giob. 38:2).

Signore, Dio nostro, Tu sei l'Eccelso, le tue vie sono giustizia anche quando ci sembrano ingiuste, tu cerchi il nostro bene anche quando ci affliggi, tu continui a volerci dare un avvenire anche quando a noi pare essere svanita ogni speranza, tu sei il Buono anche quando sembri cattivo verso di noi, abbiamo accettato il bene dalla tua mano rifiuteremmo di accettare il male? Sia fatta la tua volontà.

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Meditando sulla creazione

Quando alzo gli occhi in alto durante il giorno e vedo questo immenso cielo sopra di me che è attraversato da questo globo giallo chiamato sole che ci illumina e ci trasmette il suo calore durante tutto il corso dell'anno; quando vedo le nuvole vagare nei loro giri e a suo tempo riversare l'acqua sulla terra spesso vedendo lampi e sentendo tuoni; quando durante la notte alzando gli occhi in alto vedo la luna e le stelle che illuminano la notte buia; quando considero le varie stagioni che si susseguono con un ritmo costante; quando lungo la spiaggia del mare considero la sua ampiezza, la sua profondità, e come al suo interno nuotano creature senza numero; quando in mezzo ad una foresta sento il cinguettare di uccelli di tante razze, quando trovandomi su un alta montagna contemplo le cime dei monti; quando considero come si riproducono gli animali della terra, i pesci del mare e dei fiumi e gli esseri umani, e quando considero il corpo umano nella sua interezza, allora dico: 'Dio è veramente grande, potente e saggio; nessuno è pari a Lui!' e questo perché credo che Lui è il Creatore di tutte le cose e Colui che le sostiene e guida con la sua infinita potenza e saggezza. E non sono affatto il solo che considerando la bellezza e la perfezione della creazione dice queste cose. Assieme a me ci sono milioni di anime in tutto il mondo che dicono la stessa cosa.

Ma ci sono pure tante persone che quantunque riconoscono che la creazione è stupenda, perfetta e l'ammirano e la celebrano, pure non credono affatto che Dio ne sia il Creatore e il Sostenitore. Per costoro il tutto è venuto all'esistenza in seguito ad una grande esplosione, chiamata big-bang, avvenuta miliardi di anni fa nell'universo. Che follia credere una simile cosa! Io vorrei chiedere a costoro: 'Ma se io vi dicessi nel vedere un'automobile nuova, molto sofisticata e molto potente, che essa si è formata in seguito ad una esplosione avvenuta presso uno sfasciacarrozze, che pensereste di questa mia idea?' Non pensereste forse che essa è un idea folle? Credo proprio di sì. Ed allora io vi dico: 'Considerate attentamente questa vostra idea sulla nascita dei cieli, della terra, del mare e di tutto ciò che essi contengono, e vedrete che anch'essa è un idea folle'.

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08/05/2011 18:30

La fede e le opere

L'apostolo Paolo scrisse ai santi di Efeso: "Poiché gli è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d'opere, affinché niuno si glorî; perché noi siamo fattura di lui, essendo stati creati in Cristo Gesù per le buone opere, le quali Iddio ha innanzi preparate affinché le pratichiamo" (Ef. 2:8-10).

Come si può vedere in queste parole, Paolo da un lato dice che noi siamo stati salvati per fede, senza le opere della legge, ma dall'altro lato dice che noi siamo stati creati in Cristo Gesù per le opere buone preparate da Dio affinché le pratichiamo. Quindi, se è giusto dire che le opere non producono la salvezza, altrimenti grazia non sarebbe più grazia, e la fede sarebbe annullata, è altresì giusto dire che le opere buone devono seguire la fede, devono essere praticate da noi che siamo stati creati in Cristo Gesù. Che giova la fede senza le opere? Nulla. Che valore ha la fede senza le opere? Nessuno. E' come un corpo senza lo spirito, ossia una cosa morta. Studiamoci dunque di essere zelanti nelle opere buone per confermare così la nostra vocazione ed elezione alla gloria del nostro Dio e Padre.

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08/05/2011 18:30

La salvezza è per grazia; dov'è dunque il vanto?

Questa così grande salvezza che noi abbiamo ottenuto da Dio l'abbiamo ricevuta per grazia, senza avere compiuto nessuna opera giusta da potercela meritare. L'abbiamo ricevuta per mezzo della fede nel Figliuolo di Dio morto sulla croce per i nostri peccati e risorto dai morti per la nostra giustificazione. Se dunque l'abbiamo ricevuta gratuitamente dov'è il vanto? Esso è escluso, come dice Paolo, per la legge della fede (cfr. Rom. 3:27).

Quindi, davanti a Dio, noi non abbiamo nulla di che gloriarci. Come non aveva nulla di che gloriarsi davanti a Dio il nostro padre Abramo di cui la Scrittura dice che credette a Dio e ciò gli fu messo in conto di giustizia (cfr. Gen. 15:6 e Rom. 4:2-3).

Ringraziato sia Dio del suo dono ineffabile!

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08/05/2011 18:32

E i nove altri dove sono?

"Ed avvenne che, nel recarsi a Gerusalemme, egli passava sui confini della Samaria e della Galilea. E come entrava in un certo villaggio, gli si fecero incontro dieci uomini lebbrosi, i quali, fermatisi da lontano, alzaron la voce dicendo: Gesù, Maestro, abbi pietà di noi! E, vedutili, egli disse loro: Andate a mostrarvi a' sacerdoti. E avvenne che, mentre andavano, furon mondati. E uno di loro, vedendo che era guarito, tornò indietro, glorificando Iddio ad alta voce; e si gettò a' suoi piedi con la faccia a terra, ringraziandolo; e questo era un Samaritano. Gesù, rispondendo, disse: I dieci non sono stati tutti mondati? E i nove altri dove sono? Non si è trovato alcuno che sia tornato per dar gloria a Dio fuor che questo straniero? E gli disse: Levati e vattene: la tua fede t'ha salvato" (Luca 17:11-19).

Sembra incredibile, eppure di quei dieci lebbrosi mondati da Gesù Cristo solo uno - avvedutosi di essere stato guarito - si sentì di tornare indietro per ringraziare il Signore Gesù Cristo, e Luca dice che questo era un Samaritano, uno straniero dunque.

Considerate attentamente questo, quegli uomini erano stati tenuti alla larga dalla gente, avevano sofferto fisicamente, avevano fatto sicuramente una vita miserevole a motivo della lebbra, eppure, dopo avere invocato Gesù affinché avesse pietà di loro, e dopo avere ricevuto la guarigione, non degnarono Gesù neppure di un 'grazie', tranne come abbiamo detto uno solo che era pergiunta straniero. E a Gesù non fece affatto piacere questo infatti domandò all'ex lebbroso che lo ringraziava: "I dieci non sono stati tutti mondati? E i nove altri dove sono?"

Se una parte di quegli uomini si mostrò irriconoscente verso Gesù Cristo, dopo avere ricevuto il beneficio della guarigione, noi non dobbiamo meravigliarci se oggi ci sono fratelli e sorelle che dopo avere ricevuto un qualche bene da noi, si mostrano irriconoscenti e non ti degnano neppure di un 'grazie'. Anzi, io ho potuto vedere che alcuni alla prima occasione si mettono persino a spargere ogni sorta di mala parola contro di te; questo insomma è quello che tu dopo avergli fatto del bene meriti da loro!! Ma Dio è giusto e a suo tempo fa giustizia ad ognuno; ognuno di questi irriconoscenti riceve la retribuzione del torto che fa, senza riguardi personali.

Diletti, non imitiamo gli irriconoscenti ma i riconoscenti cioè coloro che non solo riconoscono il bene fattogli da noi ringraziandoci, ma si studiano anche di rendere bene per bene. Alcuni dicono che si deve rendere grazie solo a Dio per il bene che un fratello ci fa; la Scrittura però non mi insegna questo infatti Paolo quando dice ai santi di Roma di salutare Aquila e Priscilla dice di essi: "Per la vita mia hanno esposto il loro proprio collo; ai quali non io solo ma anche tutte le chiese dei Gentili rendono grazie" (Rom. 16:4). Naturalmente prima di tutto occorre ringraziare Dio, ma pure ringraziare chi ci fa del bene è una cosa permessa. Lo fecero i santi antichi, perché non dovremmo farlo pure noi? Ci sono poi alcuni che dicono che non ci si deve aspettare nessun contraccambio dai fratelli a cui si fa del bene; ma anche in questo caso la Scrittura non mi insegna affatto questo. Ascoltate quello che dice Paolo ai santi di Corinto: "La nostra bocca vi ha parlato apertamente, o Corinzî; il nostro cuore s'è allargato. Voi non siete allo stretto in noi, ma è il vostro cuore che si è ristretto. Ora, per renderci il contraccambio (parlo come a figliuoli), allargate il cuore anche voi!" (2 Cor. 6:11-13). Ed ascoltate quello che dice sempre Paolo a proposito della sovvenzione per i poveri tra i santi a cui avevano partecipato anche i Corinzi: "Poiché questo non si fa per recar sollievo ad altri ed aggravio a voi, ma per principio di uguaglianza; nelle attuali circostanze, la vostra abbondanza serve a supplire al loro bisogno, onde la loro abbondanza supplisca altresì al bisogno vostro, affinché ci sia uguaglianza, secondo che è scritto: Chi avea raccolto molto non n'ebbe di soverchio, e chi avea raccolto poco, non n'ebbe mancanza" (2 Cor. 8:13-15).

Non aspettarsi del bene dai fratelli a cui si fa del bene è come dire ad un marito che si mostra affettuoso verso la propria moglie, che invece di affetto non gliene mostra nessuno, che lui non si deve aspettare dalla propria moglie nessuna carezza, nessun bacio e nessuna manifestazione di amore!! Ma dove mai si legge una simile cosa nella Parola di Dio? Ma l'amore e l'affetto tra marito e moglie non devono essere reciproci? E non è forse la stessa cosa tra i figliuoli di Dio? Non è forse detto che dobbiamo amarci gli uni gli altri? Non è forse detto di essere ospitali gli uni verso gli altri (cfr. 1 Piet. 4:9)? Non è forse detto di servire gli uni agli altri nell'amore (cfr. Gal. 5:13)? Ma che significa 'gli uni gli altri'? Dunque attendersi dai fratelli che si amano, si ospitano, si aiutano nelle loro necessità, ecc. di essere amati, ospitati, aiutati quando siamo noi a trovarci nella necessità (e loro non ci sono più), è una cosa del tutto normale. Naturalmente se non arriverà nessuna forma di riconoscenza noi non dobbiamo per questo smettere di amare i fratelli, il bene infatti lo si deve continuare a fare in ogni caso, certamente però l'irriconoscenza fa soffrire chi ama non solo a parole ma a fatti e verità e non si vede amato. Giudicate da persone intelligenti quello che dico.

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08/05/2011 18:32

Ma lo Spirito dice espressamente....

Paolo dice a Timoteo: "Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî per via della ipocrisia di uomini che proferiranno menzogna, segnati di un marchio nella loro propria coscienza; i quali vieteranno il matrimonio e ordineranno l'astensione da cibi che Dio ha creati affinché quelli che credono e hanno ben conosciuta la verità, ne usino con rendimento di grazie. Poiché tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da riprovare, se usato con rendimento di grazie; perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera" (1 Tim. 4:1-5).

Come si può dunque vedere molto bene tra le dottrine di demoni a cui daranno retta coloro che, ingannati dagli spiriti seduttori, apostateranno dalla fede, ci sono sia il divieto di sposarsi che quello di mangiare alcuni cibi creati da Dio. Noi credenti quindi dobbiamo guardarci da tutti coloro che, non importa con che nome si presentano (cioè non importa se si definiscono Cattolici Romani, Evangelici, Pentecostali, ecc. ecc.), insegnano queste eresie.

Dio ha fatto la donna per l'uomo e difatti ha detto che l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne (cfr. Gen. 2:24). Vietare dunque all'uomo di unirsi in matrimonio con la donna significa imporre un precetto che annulla la Parola di Dio. Precetto che produce amari e nefasti frutti perché induce coloro che lo accettano a fornicare. Se infatti Paolo ha detto ai Corinzi che per evitare le fornicazioni ogni uomo deve avere la propria moglie, e ogni donna il proprio marito (cfr. 1 Cor. 7:2), ciò significa che le fornicazioni non si potranno evitare se viene proibito agli uomini e alle donne di sposarsi. Non vi lasciate ingannare da vani ragionamenti, il matrimonio è lecito agli occhi di Dio.

Per quanto riguarda i cibi, tutto ciò che Dio ha creato è buono e nulla è da rigettare se usato con rendimento di grazie, perché è santificato dalla Parola di Dio e dalla preghiera, dice Paolo. A noi dunque è lecito mangiare di tutto (tranne ovviamente le carni sacrificate agli idoli, le cose soffocate e il sangue, in base alle decisioni dell'assemblea di Gerusalemme - cfr. Atti 15:19-29). Gesù ha detto che non è quello che entra nella bocca dell'uomo che lo contamina, bensì quello che esce dalla sua bocca (cfr. Matt. 15:11), e così dicendo ha dichiarato "puri tutti quanti i cibi" (Mar. 7:19). E Paolo dice ai Romani che "nessuna cosa è impura in se stessa" (Rom. 14:14), e che il Regno di Dio non consiste in vivanda né bevanda (cfr. Rom. 14:17).

Dunque, fratelli, state saldi nella fede e negli insegnamenti che vi sono stati trasmessi, senza lasciarvi punto fuorviare dagli uomini ipocriti che proferiscono menzogne a danno loro e di quelli che le accettano.

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L'unica via per conoscere Dio

Ci sono alcuni che dicono che Dio si può conoscere tramite l'antica filosofia greca (quindi tramite gli scritti dei filosofi greci), altri che si può conoscere tramite Maometto, altri tramite Buddha, e altri ancora tramite pratiche e tecniche orientali o comunque che hanno alla loro base principi filosofici di matrice orientale, per citare solo alcuni pochi esempi perché la lista è molto più lunga.

Noi Cristiani invece diciamo che Dio si può conoscere solo tramite Gesù Cristo, il Figlio di Dio venuto nel mondo proprio per farci conoscere il Padre. Gesù stesso infatti ebbe a dire un giorno: "Io son la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giov. 14:6), ed ancora che "niuno conosce appieno il Figliuolo, se non il Padre; e niuno conosce appieno il Padre, se non il Figliuolo e colui al quale il Figliuolo avrà voluto rivelarlo" (Matt. 11:27). Quindi per conoscere Dio occorre conoscere il Figliuolo di Dio, non si può pretendere di conoscere Dio senza conoscere il Figliuolo, ecco perché Gesù Cristo un giorno disse ai Farisei che rifiutavano di credere in lui: "Voi non conoscete né me né il Padre mio: se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio" (Giov. 8:19), perchè solo tramite lui si può pervenire alla conoscenza personale di Dio. Senza Cristo si può pure conoscere tutta la filosofia greca, si può conoscere tutta la filosofia orientale, si possono praticare ogni sorta di tecniche di meditazione trascendentale ecc. ecc., ma si è privi della conoscenza di Dio.

Fratelli, riflettete e meditate attentamente su questo; noi conosciamo Dio, quello stesso Dio che mediante la Parola ha creato tutte le cose, che mediante la sua infinita potenza sostiene tutte le cose, che sa ogni cosa di tutti, quello stesso Dio che nella pienezza dei tempi ha mandato nel mondo Gesù Cristo per riscattarci da ogni iniquità. Quale grazia ci è stata fatta dal Signore! Quale amore il Signore ha manifestato verso di noi che non meritavamo proprio nulla da lui essendo tutti noi dei ribelli, dei peccatori schiavi di ogni sorta di iniquità! E sì perché se noi conosciamo Dio lo dobbiamo alla misericordia del Signore Gesù Cristo perché Lui ha voluto farci misericordia a noi che eravamo lontani da Lui; la Scrittura è chiara a riguardo, nessuno conosce il Padre se non il Figliuolo e colui al quale il Figliuolo avrà voluto rivelarlo (cfr. Matt. 11:27) o voglia rivelarlo (cfr. Luca 10:22). Noi dunque siamo in obbligo di rendere grazie a Cristo Gesù, nostro Signore, per averci rivelato il Padre suo.

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Il frutto e il fine della nostra fede

Dice Paolo ai santi di Roma: "Ma ora, essendo stati affrancati dal peccato e fatti servi a Dio, voi avete per frutto la vostra santificazione, e per fine la vita eterna" (Rom. 6:22).

Quel 'ma ora, essendo stati affrancati' sta ad indicare chiaramente che c'è stato un tempo nella nostra vita in cui il nostro frutto non era la santificazione e il nostro fine non era la vita eterna; e che questo tempo è terminato da che siamo stati affrancati dalla schiavitù del peccato cioè da quando abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo. D'altronde, che frutti di giustizia potevamo portare a Dio in quel tempo quando eravamo ribelli e schiavi di ogni sorta di concupiscenze (cfr. Ef. 2:2-3)? Che speranza di una vita futura potevamo avere in quel tempo essendo senza speranza nel mondo (cfr. Ef. 2:12)? Ma grazie siano rese a Dio per averci liberato dalle passioni peccaminose che ci dominavano e averci reso suoi servi, e per averci dato nella sua grazia una speranza, "una buona speranza" (2 Tess. 2:16) come la chiama Paolo.

Vorrei soffermarmi ora sul 'frutto' e sul 'fine' della nostra fede.

Il frutto che noi dobbiamo portare nella nostra vita (alla gloria di Dio) è la santificazione, frutto che possiamo portare solo osservando i comandamenti di Dio. Comandamenti che sono sia 'positivi' che 'negativi' (dove per positivi si intendono i 'noi dobbiamo... ', e per negativi i 'noi non dobbiamo....') e che sono trascritti nella Parola di Dio. E' così importante portare questo frutto che la Scrittura dice che senza la santificazione "nessuno vedrà il Signore" (Ebr. 12:14). Badiamo dunque bene a noi stessi e studiamoci di servire con le nostre membra sempre la giustizia e di non metterci di nuovo a servire le immonde concupiscenze della carne, altrimenti non vedremo il Signore.

Il fine che noi ora abbiamo è la vita eterna e questo perché in Cristo abbiamo la promessa della vita eterna (cfr. 1 Giov. 2:25), o come è anche chiamata in un altro luogo la promessa della vita a venire (cfr. 1 Tim. 4:8), promessa di cui otterremo l'adempimento se persevereremo nella fede fino alla fine. Quando moriremo dunque, se moriremo con il Signore, andremo ad abitare con lui in cielo; e a suo tempo poi, risorgeremo con un corpo immortale. Se invece rinnegheremo il Signore, quando moriremo andremo in perdizione e a suo tempo risorgeremo in resurrezione di giudizio per essere giudicati e condannati ad una eterna infamia.

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08/05/2011 18:35

Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!

Un giorno, Giovanni il Battista mentre stava battezzando presso il fiume Giordano vide Gesù venire a lui e disse: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!" (Giov. 1:29).

Perché si espresse in questa maniera a riguardo di Gesù Cristo? Perché lui sapeva che Gesù Cristo era l'Agnello preordinato da Dio prima della fondazione del mondo ad essere sacrificato per i nostri peccati, cosa che avvenne tempo dopo quando Gesù Cristo fu crocifisso sulla croce al Golgota, un luogo vicino a Gerusalemme; là Gesù Cristo portò sul suo corpo i nostri peccati.

E con il suo sacrificio Cristo ha compiuto quello che i sacrifici ordinati da Dio nella legge non potevano fare, cioè ci ha resi perfetti, quanto alla coscienza. La legge infatti - dice lo scrittore agli Ebrei - "avendo un'ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai con quegli stessi sacrificî, che sono offerti continuamente, anno dopo anno [nota mia: a quel tempo i sacrifici erano ancora offerti, ma con la distruzione del tempio nel 70 smisero di essere offerti] render perfetti quelli che s'accostano a Dio. Altrimenti non si sarebb'egli cessato d'offrirli, non avendo più gli adoratori, una volta purificati, alcuna coscienza di peccati?" (Ebr. 10:1-2). I sacrifici espiatori della legge dunque non potevano rendere perfetti quanto alla coscienza coloro che si accostavano a Dio perché adombravano il sacrificio che Cristo avrebbe compiuto nella pienezza dei tempi. Quei sacrifici non potevano togliere i peccati "perché è impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i peccati" (Ebr. 10:4). Ma ciò che era ed è impossibile ai sacrifici della legge lo ha fatto il Figliuolo di Dio con il suo sangue secondo che è scritto che "noi siamo stati santificati, mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre" (Ebr. 10:10) ed anche: "Perché con un'unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che son santificati" (Ebr. 10:14).

Noi dunque siamo in obbligo di rendere del continuo grazie a Dio per aver mandato il suo Figliuolo a togliere dalla nostra coscienza i nostri vecchi peccati. Ma siamo anche in obbligo di fare sapere agli altri che Gesù Cristo è l'Agnello di Dio che mediante il suo prezioso sangue sparso sulla croce può togliere dalla loro coscienza i loro peccati. Solo lui può farlo, nessun altro. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.

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Consolati per consolare

Dice l'apostolo Paolo ai santi di Corinto: "Benedetto sia Iddio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre delle misericordie e l'Iddio d'ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione, affinché, mediante la consolazione onde noi stessi siam da Dio consolati, possiam consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione. Perché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione" (2 Cor. 1:3-4).

Dio dunque, fratelli, ci consola in ogni nostra afflizione; non importa di che afflizione si tratti, Egli ci consola, ovviamente nella maniera che lui vuole. E' sbagliato dunque pensare che Dio mentre noi soffriamo non fa nulla per aiutarci, che se ne sta lontano da noi e disinteressato alla nostra causa. Io che scrivo ho sperimentato la veracità e fedeltà di questa affermazione di Paolo; ogni volta che mi sono sentito afflitto, Dio nella sua misericordia mi ha consolato. Talvolta lo ha fatto con un verso della Scrittura che Egli mi ha ricordato mediante lo Spirito di Dio; altre volte con un sogno divino o una visione - Gesù durante la sua agonia nel Getsemani non fu forse confortato da un angelo che gli apparve dal cielo (cfr. Luca 22:43)? - , altre volte con la venuta di un fratello sincero e onesto ("... ci consolò con la venuta di..." 2 Cor. 7:6), altre volte ancora con delle parole di incoraggiamento rivoltemi da qualche credente, altre volte tramite dei servizi da lui messi in cuore a taluni credenti nei miei confronti, altre volte facendomi pervenire agli orecchi una buona notizia da paese lontano, e poi liberandomi dalla distretta in cui mi trovavo e che mi faceva soffrire molto. In verità il nostro Dio "consola gli abbattuti" (cfr. 2 Cor. 7:6).

Ma a questo punto è bene fare presente la ragione per cui Dio ci consola. Come dice l'apostolo infatti Egli ci consola affinché noi possiamo consolare gli altri. Quindi, Dio ci impartisce la sua consolazione per farci consolare, tramite essa, coloro che si trovano in ogni afflizione. Non vi è mai capitato di dire ad un fratello abbattuto: 'Fratello, coraggio, il Signore è fedele, anch'io ho passato la distretta che stai passando tu e il Signore mi ha risposto liberandomi'? E che al sentire queste vostre parole il fratello si è sentito risollevato? Sia dunque le afflizioni che le consolazioni che Dio ci manda sono per il nostro bene personale e per quello di altri fratelli. Quando dunque fratello ti trovi in una distretta particolare che ti fa soffrire molto e ti domandi: 'Ma come mai Dio permette ciò?' ricordati che Dio vuole usarti di te per consolare, mediante la consolazione che puntualmente ti ministrerà, coloro che si trovano in ogni afflizione.

Ci si ricordi che Dio non è solo l'Iddio che ci affligge nella sua fedeltà, ma anche Colui che sempre nella sua fedeltà ci consola; lui non fa solo la piaga, ma la fascia pure.

Termino rivolgendovi queste parole di Paolo che ho fatto mie: "Talché se siamo afflitti, è per la vostra consolazione e salvezza; e se siamo consolati, è per la vostra consolazione, la quale opera efficacemente nel farvi capaci di sopportare le stesse sofferenze che anche noi patiamo" (2 Cor. 1:6).

A Dio sia la gloria ora e in eterno. Amen.

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08/05/2011 18:36

Buoni amministratori

Dice l'apostolo Pietro: "Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo faccia valere al servizio degli altri. Se uno parla, lo faccia come annunziando oracoli di Dio; se uno esercita un ministerio, lo faccia come con la forza che Dio fornisce, onde in ogni cosa sia glorificato Iddio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e l'imperio ne' secoli de' secoli. Amen" (1 Piet. 4:10-11).

La grazia di Dio è svariata e difatti ognuno di noi quantunque è membro del Corpo di Cristo ha ricevuto da Dio un dono differente o una capacità differente. Come ben dice l'apostolo Paolo ai santi di Roma: "Abbiamo dei doni differenti secondo la grazia che ci è stata data..." (Rom. 12:6). Quindi, un credente non deve pensare che per il fatto che non ha ricevuto il ministerio di apostolo (prendo questo ministerio come esempio) come lo ricevettero Paolo, Pietro, Giovanni e altri, o magari quello di profeta come lo ricevette Agabo, non è un membro del Corpo di Cristo o magari è un membro di seconda categoria. Egli non ha ricevuto quel dono perché Dio ha deciso di dargli un altro dono, ma rimane pur sempre un membro del Corpo di Cristo utile a tutti gli altri membri del Corpo. Come nel corpo umano benché le membra sono diverse ed hanno una funzione diversa fanno parte tutte di un unico corpo ed ogni membro svolge una funzione utile a tutto il corpo (e si badi che il corpo umano è stato costrutto in questa maniera da Dio), così anche nel Corpo di Cristo benchè ognuno svolga una funzione diversa in virtù del piano di Dio tutti fanno parte dello stesso organismo vivente e quindi ognuno è utile in qualche maniera all'altro.

Ma come abbiamo anche visto, Pietro dice ad ognuno di noi di amministrare saggiamente la svariata grazia di Dio, lui dice di farlo come si addice a dei buoni amministratori della svariata grazia di Dio e cioè mettendo il dono al servizio degli altri; non al servizio del proprio ventre, non al servizio di interessi personali, ma al servizio degli altri membri del Corpo di Cristo. E questo affinché Dio sia glorificato per mezzo di Gesù Cristo. E sì, perché quello che ognuno di noi deve sempre tenere presente è che qualsiasi cosa noi siamo chiamati a fare, la dobbiamo fare alla gloria di Dio secondo che è scritto: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun'altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio" (1 Cor. 10:31).

Fratelli, tenete bene a mente che ognuno di noi un giorno dovrà comparire davanti al tribunale di Dio per rendergli conto della amministrazione da lui svolta con i beni del suo Padrone e Signore. Non importa quale dono si è ricevuto da Dio o quanti doni si sono ricevuti, nessuno sfuggirà a questo rendimento di conti. Paolo dice ai Corinzi che "quel che si richiede dagli amministratori, è che ciascuno sia trovato fedele" (1 Cor. 4:2), procacciamo dunque la fedeltà verso Dio e in quel giorno ci sarà di certo detto: "Va bene, buono e fedel servitore; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore" (Matt. 25:23).

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08/05/2011 18:37

Samballat e Tobia

"E quando Samballat, lo Horonita, e Tobia, il servo Ammonita, furono informati del mio arrivo, ebbero gran dispiacere della venuta d'un uomo che procurava il bene de' figliuoli d'Israele" (Neh. 2:10). Ecco cosa disse Nehemia a proposito di Samballat e Tobia.

Ora, Nehemia era venuto per ricostruire le mura di Gerusalemme che erano in rovina da tanti anni oramai, Dio lo aveva benignamente assistito infatti egli aveva personalmente ricevuto dal re Artaserse delle lettere per i governatori d'oltre il fiume affinché lo facessero passare ed entrare in Giuda, e delle lettere per Asaf guardiano del parco del re affinché gli fornisse il legname di cui aveva bisogno, ma Samballat e Tobia quando seppero del suo arrivo furono grandemente dispiaciuti. Evidentemente quegli uomini non cercavano il bene dei figli di Israele, e difatti lo dimostrarono anche in appresso quando si fecero beffe di Nehemia e dei suoi collaboratori, e cercarono in svariate maniere di ostacolare la ricostruzione delle mura di Gerusalemme, ma i loro malvagi disegni furono frustrati da Dio che fece prosperare l'opera diretta da Nehemia e la fece giungere a compimento.

Ogni volta che Dio chiama qualcuno a edificare la sua Chiesa, non importa con quale ministerio, ci sono sempre dei Samballat e dei Tobia che con le loro parole e i loro atti cercano di scoraggiare il ministro di Dio e i suoi collaboratori o comunque coloro che lo apprezzano e lo aiutano per la sua opera. Costoro invece di rallegrarsi nel vedere che Dio ha scelto in mezzo a loro qualcuno per fargli compiere una particolare opera, si dispiacciono, si struggono l'anima e il cuore. Che follia mostrano costoro nello sprezzare il servo del Signore e quello che Dio gli ha messo in cuore di fare, e nel cercare in svariate maniere di ostacolare la sua opera! In verità costoro non sanno di trovarsi a combattere contro Dio stesso e che alla fine Dio farà ricadere sul loro capo tutta la loro malizia, tutta la caparbietà del loro cuore. Saranno coperti di vergogna, e tutti coloro che li vedranno diranno: 'Ecco la fine che fanno tutti coloro che si mettono a combattere contro Dio!'.

Diletti, rallegriamoci quando qualcuno procura il bene dei figliuoli di Dio, e dispiaciamoci invece quando qualcuno cerca il loro male. Incoraggiamo (e non solo a parole) coloro che in svariate maniere fanno il bene ai figliuoli di Dio affinché progrediscano sempre di più, ma ammoniamo severamente coloro che nel loro mezzo cercano il loro male affinché smettano di compiere il male.

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08/05/2011 18:37

Aspettando la beata speranza

"Poiché da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell'Acaia, ma la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo; talché non abbiam bisogno di parlarne; perché eglino stessi raccontano di noi quale sia stata la nostra venuta tra voi, e come vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire all'Iddio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figliuolo, il quale Egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall'ira a venire" (1 Tess. 1:8-10).

La fama della fede dei santi di Tessalonica si era dunque sparsa in ogni luogo tanto che gli apostoli non avevano bisogno di parlare della fede dei santi di Tessalonica; erano infatti gli altri che raccontavano agli apostoli come essi si erano convertiti dagli idoli a Dio per servirlo e per aspettare dai cieli il suo Figliuolo.

Vorrei che notaste come di questi fratelli di Tessalonica veniva detto non solo che si erano convertiti a Dio per servirlo, ma anche che si erano convertiti a Dio per aspettare dai cieli il suo Figliuolo. Questa attesa caratterizzava dunque la vita di quei nostri fratelli, e caratterizza pure la nostra vita in Cristo. Noi infatti stiamo "aspettando la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù" (Tito 2:13).

Alcuni si fanno beffe di noi dicendo che noi stiamo aspettando invano, come se il Signore avesse mentito o si fosse dimenticato di tornare. Noi però abbiamo la piena fiducia che la nostra speranza nella sua venuta dal cielo non sarà frustrata perché sappiamo che Colui che ha fatto questa promessa è il Verace e il Fedele. Continuiamo dunque, fratelli, ad aspettare la sua venuta con fede e pazienza. Egli verrà, a suo tempo verrà, ed ogni occhio lo vedrà. Amen.

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Il salario del peccato e il dono di Dio

"Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rom. 6:23).

In queste parole di Paolo vorrei che notaste come l'apostolo metta in contrapposizione il salario del peccato e il dono di Dio.

Il peccato quindi, come dice Paolo, ripaga coloro che lo servono con la morte e difatti Giacomo dice che "il peccato, quand'è compiuto, produce la morte" (Giac. 1:15). E' un amaro salario quindi quello che il peccato da ai suoi servitori. Eppure, strano ma vero, a molti piace servire il peccato, e tra questi molti non ci sono solo gli increduli ma anche parecchi credenti! Non è una follia servire qualcuno che ripaga con la morte? Certo, ma d'altronde "la follia è una gioia per chi è privo di senno" (Prov. 15:21), dice la Sapienza; e dato che di senno costoro non ne hanno non c'è da stupirsi che prendano piacere nel commettere ogni sorta di peccati. Il peccato gli parla nell'intimo del loro cuore, li lusinga che i loro peccati non saranno scoperti e né presi in odio (cfr. Sal. 36:1-2), cose che non sono affatto vere perché noi sappiamo che non c'è nulla di segreto "che non abbia a sapersi ed a farsi palese" (Luca 8:17), e che " l'Eterno condanna l'uomo pien di malizia" (Prov. 12:2) ed anche che "l'uomo pien di malizia diventa odioso" (Prov. 14:17).

Ma se da un lato c'è il salario del peccato dall'altro c'è il dono di Dio che è la vita eterna in Cristo Gesù. E' un dono quindi la vita eterna, e come qualsiasi dono non si può né comprare e né meritare, altrimenti dono non è più dono. Un dono che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù secondo che è scritto: "Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna" (Giov. 3:36). Ecco perché la vita eterna è chiamata il dono di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Hai la vita eterna? Se la risposta è 'no', ti esorto a credere nel Signore Gesù Cristo per riceverla; quello che devi credere per riceverla è che lui è morto sulla croce per i nostri peccati, ed è risuscitato il terzo giorno per la nostra giustificazione. Se la risposta è invece 'sì', ti esorto a conservare la fede in Cristo Gesù fino alla fine, cioè ti esorto a perseverare nella fede perché come dice la Scrittura tu hai bisogno di costanza affinché avendo fatta la volontà di Dio, tu ottenga quello che ti è stato promesso (cfr. Ebr. 10:36), cioè la vita eterna (cfr. 1 Giov. 2:25). Serbala questa preziosa fede che hai, non gettarla via.

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08/05/2011 18:38

Rivi di lacrime

"Rivi di lacrime mi scendon giù dagli occhi, perché la tua legge non è osservata" (Sal. 119:136).

Anch'io piango nel vedere e constatare quanto in mezzo al popolo di Dio la Parola di Dio sia disprezzata da tanti anche qui in Italia, pastori e pecore senza distinzione. La Bibbia per costoro è un libro senza alcun valore, quantunque lo citino e magari vanno al culto con una copia di essa. Fanno professione di conoscere Dio ma lo rinnegano con le loro opere, essendo abominevoli e ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona, dice Paolo di costoro (cfr. Tito 1:16). Maneschi, violenti, amanti del denaro, volgari, buffoni, ghiottoni, spietati, arroganti, arrivisti, amanti dei piaceri della vita anziché di Dio, amanti e praticatori della menzogna, calunniatori, pronti anche ad uccidere se ce ne fosse il bisogno. Costoro hanno buttato via da loro sia la fede che la buona coscienza, porteranno la pena delle loro iniquità. Guardatevi da costoro, come vi guardereste da un cobra o da una bestia feroce che incontrate per strada. Costoro cercano solo il vostro male, non la vostra edificazione.

E tu fratello, che sentimento provi nel vedere questi uomini disprezzare la Parola di Dio e causare scandali a non finire in mezzo al popolo di Dio? Piangi o ti rallegri? Ti levi in favore della verità e della giustizia denunciando le opere inique di costoro e mettendo in guardia i fratelli da questa gente o magari fai - come molti - finta di non vedere o sentire nulla?




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Dema, un cattivo esempio da non seguire

"Dema, avendo amato il presente secolo, mi ha lasciato e se n'è andato a Tessalonica" (2 Tim. 4:10).

Ogni qual volta leggo queste parole o penso ad esse non posso non rimarcare quanto sia potente l'amore per il mondo. L'amore per il mondo riuscì a fare allontanare Dema da Paolo, un servo del Signore che si studiò sempre di agire onestamente dinnanzi a Dio e agli uomini, un uomo che si studiò sempre di conservare una buona coscienza; un servo del Signore che aveva ricevuto una misura di grazia notevole, non comune direi tanto che Paolo poteva dire di avere faticato più di tutti gli apostoli.

Quando un credente comincia ad amare il mondo, non importa che ruolo ricopre nel Corpo di Cristo, e non importa neppure da quanti anni è nella fede, cessa di amare il Padre e di conseguenza cessa di amare anche il Figlio e tutti coloro che sono nati da Dio. Giovanni è chiaro a tale proposito: "Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui" (1 Giov. 2:15). E come si fa ad amare Dio, il suo Figliuolo e tutti i santi se non si possiede l'amore di Dio nei propri cuori?

Non vi illudete, fratelli, pensando che si possa amare contemporaneamente sia Dio che il mondo; è impossibile. Sarebbe come pensare che una moglie adultera possa amare sia suo marito che il suo amante.

E non vi illudete neppure pensando che amando il mondo potete rimanere amici di Dio perché la Scrittura dice: "O gente adultera, non sapete voi che l'amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio" (Giac. 4:4).

L'amore per il mondo non è da Dio e chi lo comincia a fare dimorare nel suo cuore essendo che diventa un nemico di Dio porterà la pena della sua ribellione per l'eternità. Dio non lo lascerà impunito.

Hai forse cominciato ad amare il mondo? Smetti immediatamente di farlo; abbandona le tue vie malvage e torna al Signore amandolo come facevi all'inizio, Egli ti accoglierà.

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Ci è stato dato

"Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui" (Fil. 1:29).

Vorrei che notaste come la Scrittura dice che a noi E' STATO DATO DI CREDERE in Cristo (ovviamente questo ci è stato dato da Dio Padre). Cosa questa che fu confermata con parole simili da Gesù stesso nei giorni della sua carne quando disse ai suoi discepoli, cioè a quelli che avevano creduto in lui, in risposta alla loro domanda del perché parlasse alle turbe in parabole, le seguenti parole: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato" (Matt. 13:11). In verità noi non avremmo giammai potuto credere in Cristo, se Dio non ce lo avesse concesso nella sua grazia, se Egli non avesse operato in noi in questo senso. Lui aveva decretato di farci credere nel suo Figliuolo Gesù Cristo e a suo tempo, nel luogo da lui stabilito, compì questo suo decreto su di noi, senza che noi sapessimo nulla. Ancora oggi dunque si deve dire di tutti coloro a cui il Padre ha dato di credere: "Tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero" (Atti 13:48).

Ma come abbiamo visto a noi non ci è stato dato solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui. Questo forse non fa piacere sentirlo ad alcuni, ma è anch'essa una cosa che il Padre ci ha dato, è anche questa una cosa a cui Dio ci ha destinato. Sì, fratelli, Dio ci ha destinato a soffrire per il suo Figliuolo; Paolo disse infatti ai santi di Tessalonica circa le afflizioni che essi pativano a motivo di Cristo: "Poiché voi stessi sapete che a questo siamo destinati" (1 Tess. 3:3), e assieme a Barnaba disse queste parole ai santi di Listra, Iconio ed Antiochia: "Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni" (Atti 14:22). Dunque le afflizioni per noi Cristiani non è che ci possono essere, ma ci devono essere, o meglio è del tutto normale che ci siano. Il credere in Cristo e il soffrire per Cristo hanno camminato sempre assieme in ogni età e luogo sulla faccia della terra. Se uno ha creduto in Cristo non può non soffrire per amore del suo nome; vive in mezzo ad un mondo che giace nel maligno e che è avverso a Cristo, come può accadere che non soffra per Cristo? Dunque fratelli, sappiate che le afflizioni sono qualcosa a cui noi siamo stati destinati da Dio e che quindi entreremo nel Regno di Dio dopo averle sopportate. Gesù non fu forse glorificato dopo avere sofferto?

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Dio ci corregge perché ci ama

"Chi risparmia la verga odia il suo figliuolo, ma chi l'ama, lo corregge per tempo" (Prov. 13:24).

Ecco perché l'Iddio e Padre nostro celeste ci corregge con la sua verga, perché ci ama. Se Egli ci risparmiasse la correzione di cui noi tutti abbiamo bisogno egli non sarebbe più un Padre buono ma cattivo. Solo un padre cattivo infatti risparmia la correzione ad un suo figlio quando questi se la merita. Certo, è vero che la disciplina del Signore appena la si riceve non fa piacere alcuno infatti ci si rattrista, si piange, ci si affligge l'anima, però dopo, come dice la Scrittura, rende "un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati per essa esercitati" (Ebr. 12:11). Quando dunque la verga di Dio si leva contro di noi, teniamo sempre presente che Egli ci verga per il nostro bene, come dice la Scrittura, "affinché siamo partecipi della sua santità" (Ebr. 12:10). Non ti perdere d'animo dunque, fratello, quando il Signore ti corregge, accetta la sua correzione come una manifestazione d'amore. Piangerai, sarai afflitto, ma alla fine potrai dire a Dio: "È stato un bene per me l'essere afflitto, ond'io imparassi i tuoi statuti" (Sal. 119:71), ed anche: "Io so, o Eterno, che i tuoi giudizî son giusti, e che nella tua fedeltà m'hai afflitto" (Sal. 119:75).

Forse alcuni ti hanno detto che la verga e il bastone del Signore sono riservati solo ai nostri nemici; non ingannarti, la Parola di Dio insegna che Dio castiga anche i suoi figliuoli e non solo quelli del mondo. Temi quindi Dio e i suoi giudizi; Lui non ha riguardi personali di nessun genere.

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