b) Norme per la distribuzione della comunione
Possono distribuire la comunione non solo i ministri ordinari (sacerdoti, diaconi, accoliti) ma in casi particolari – concorso di popolo, carenza di personale – anche altre persone a ciò deputate dal vescovo. Si noti la solita gerarchizzazione degli atti di culto per i quali si allarga sempre più la cerchia degli addetti dietro permesso vescovile, mentre sino al secolo VIII tutti i cristiani potevano tranquillamente e senza alcun permesso da parte della gerarchia prendere e portare altrove il pane e il vino eucaristico. Solo in seguito ciò fu riservato al clero propriamente detto, esentandone del tutto i laici. Con la Istruzione Fidei Custos emessa il 30 aprile del '66 dalla S. Congregazione dei sacramenti si attribuiva ai vescovi e agli abati dei monasteri il diritto di designare i ministri straordinari secondo la successione seguente: « suddiacono (ora non più esistente), chierico minore, tonsurato, religioso laico, religiosa, catechista, semplice fedele, uomo o donna ». Con la recente istituzione del '73 ( Immensae caritatis) solo i vescovi (e non più gli abati) possono scegliere i ministri straordinari, seguendo la precedenza che essi ritengono più opportuna, preferendo per la sua capacità magari un religioso a un seminarista, una donna a un uomo e via dicendo.. So confermò invece la proibizione dell'autocomunicazione sia che essa si attui accostandosi direttamente al vaso contenente il pane o il vino, sia facendo circolare il vaso con gli elementi consacrati; è pure proibito conservare l'eucaristia in casa propria. Si ammette invece la possibilità in casi particolari – celebrazione comunitaria, ma non per devozione – di una duplice comunione in un sol giorno però solo durante la celebrazione della Messa, rimanendo stabile la norma generale semel tantum in die (una volta soltanto al giorno).
Che direbbe l'apostolo Paolo – il cantore della libertà in Cristo – di fronte a questo abbondante legalismo proprio del potere gerarchico (il vescovo nel caso presente a scapito della semplicità e della spontaneità dei primi cristiani, per i quali la cena eucaristica, come indica lo stesso nome, era una vera cena, nella quale prendevano del pane e del vino senza timore di violare particolari tabù liturgici? Solo l'amore vi doveva regnare, privo di qualsiasi legalismo creato arbitrariamente da uomini e imposto in nome di Dio.