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LA CENA DEL SIGNORE

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    00 13/05/2011 16:53
    LA CENA
    DEL SIGNORE


    di Fausto Salvoni

    INDICE
    Capitolo primo: L'eucaristia nel corso dei secoli
    Capitolo secondo: Il Pane di Vita: preannuncio dell'eucarestia?
    Capitolo terzo: Questo è il mio corpo
    Capitolo quarto:La cena del Signore nel Nuovo Testamento
    Capitolo quinto:
    Miracoli eucaristici
    [Modificato da hekamia 13/05/2011 16:54]
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    hekamia
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    CAPITOLO PRIMO
    L'EUCARISTIA NEL CORSO DEI SECOLI

    --------------------------------------------------------------------------------
    Indice
    1) La questione della presenza di Cristo
    a) La Cena del Signore nei primi tre secoli
    b) Dal VII al XIX secolo
    c) Nuovi tentativi di spiegazione
    2) Il sacrificio eucaristico
    a) Messa e sacrificio della croce
    b) Sacrificio e sacerdozio
    c) Partecipazione al sacrificio da parte dei fedeli
    3) Insegnamento moderno del magistero ecclesiastico
    a) Accento sul sacrificio eucaristico piuttosto che sul realismo sostanziale della presenza di Gesù
    b) Valore simbolico del pane e del vino
    c) Presenza di Cristo
    4) La pratica
    a) La Messa
    b) Norme per la distribuzione della comunione
    5) Conseguenze pratiche
    a) Esteriorizzazione
    b) Adorazione dell'ostia
    c) Sacralizzazione della natura
    d) Sacralizzazione del tempio
    e) Sacralizzazione della casta sacerdotale

    --------------------------------------------------------------------------------

    1) La questione della presenza di Cristo
    a) La Cena del Signore nei primi tre secoli

    All'inizio del Cristianesimo continuò l'uso apostolico di celebrare la cena del Signore sotto l'aspetto gioioso di un pasto sacro ogni domenica – il dies domini – come appare per il 2° secolo dalla testimonianza del filosofo Giustino :

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    00 13/05/2011 16:54
    Nel giorno del sole (= domenica) coloro che abitano le città o le campagne si radunano in uno stesso luogo. Allora si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti... Poi quando il lettore ha finito, colui che presiede prende la parola per ammonire i presenti ed esortarli a seguire le belle lezioni udite. Quindi ci leviamo tutti in piedi, innalziamo preghiere e si portano il pane, il vino e l'acqua: colui che presiede innalza preghiere e azioni di grazie secondo le sue capacità e il popolo risponde: Amen (Apologia c. 66).

    Il punto centrale di questa cena stava – come indica pure il nome – nel mangiare e nel bere. Ce lo documenta la prima preghiera liturgica a noi nota:

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    00 13/05/2011 16:55
    Quanto al rendimento di grazie, ringraziate così: anzitutto per il calice:

    Ti rendiamo grazie, Padre nostro,
    per la santa vita di Davide, tuo servitore
    che a noi rivelasti Gesù, tuo Servitore.
    A Te gloria nei secoli!

    Per il pane spezzato:

    i rendiamo grazie, Padre nostro,
    per la vita e per la conoscenza,
    che ci rivelasti per Gesù tuo Servitore.
    A Te gloria neo secoli!

    Come questo pane spezzato era prima sparso su per i colli e, raccolto, divenne una cosa sola, così si raccolga la tua chiesa dai confini della terra nel tuo regno; Poiché tua è la gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli!

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    00 13/05/2011 16:55
    Il popolo stesso portava all'altare il pane comune di tutti i giorni, il vino per il calice e l'olio per l'illuminazione; i più ricchi vi aggiungevano doni per i poveri. Queste offerte costituivano il sacrificio che i cristiani, secondo la profezia di Malachia, elevavano a Dio in ogni parte della terra.

    I vescovi e gli scrittori che ne parlano non fanno altro che ripetere le parole di Gesù, sia pure accentuando la realtà della sua carne in senso antidoceta: « L'Eucaristia è farmaco di'immortalità » e « antidoto per non morire »: è « la carne del nostro Signore Gesù Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha risuscitato ».

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    00 13/05/2011 16:55
    Dal 2° secolo i fedeli si portavano a casa un po' di pane consacrato per conservarlo e mangiarlo in seguito. Spesso se lo tenevano addosso in un sacchetto di tela, per usarlo, quale talismano, nei viaggi e nei momenti di pericolo. In alcuni casi lo ponevano in bocca a un cadavere quale viatico., come facevano i greci con l'obolo, per cui i vescovi dovettero intervenire e biasimare alcune pratiche superstiziose e talora persino sacrileghe.

    Nei secoli 4° e 5° sorgono le prime timide spiegazioni del mistero eucaristico.

    1) In Oriente . I padri greci parlano di una « trans-elementatio » (metastoicheìosis), per mezzo della quale gli elementi (stoicheìa) del pane e del vino si convertono e si cambiano nel corpo e nel sangue di Cristo. Cirillo di Gerusalemme (m. 386), che esprime tale concetto più chiaramente dei suoi predecessori, lo paragona al cambiamento dell'acqua in vino, per cui il pane e il vino « sono » il corpo e il sangue di Cristo:

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    00 13/05/2011 16:56
    Non li considerate come elementi ordinari... anche se i sensi ti suggeriscono tale pensiero; la fede ti dà la certezza assoluta. Non giudicare la realtà dal gusto; dalla fede trai invece la certezza che tu sei stato reso degno del corpo e del sangue di Cristo.

    Teodoro di Mopsuestia (m. 428), insistendo sul medesimo concetto, scriveva:

    Il Signore non disse: Questo è il simbolo del mio corpo e questo è il simbolo del mio sangue; ma: Questo è il mio corpo e il mio sangue, insegnandoci a non considerare la natura della cosa presentata, ma a credere che essa, per il rendimento di grazie, si è tramutata in carne e sangue.

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    00 13/05/2011 16:56
    Tuttavia domina in Oriente una concezione dinamica delle cose, differente da quella ontologica medievale. Le realtà materiali per i greci « possono rivestirsi di tutte le proprietà secondo il volere del Creatore » (Origene, Contra Celsum 3, 41 GCS 1, p. 237) tramite la potenza dello Spirito Santo che le compenetra. Lo Spirito, ad esempio, come permea l'olio rendendolo qualcosa di sacro, di divino, così, dopo l'invocazione a lui rivolta, trasforma il pane nel corpo di Cristo:

    Come il pane eucaristico dopo l'episclesi (o invocazione dello Spirito Santo) non è più semplice pane, bensì il corpo di Cristo, così anche questo santo profumo con l'episclesi non è più un semplice profumo comune, ma è il dono di Cristo, essendo divenuto, per la presenza dello Spirito Santo, un dono efficace della sua divinità (Cirillo di Gerusalemme, Catech. Myst. 3, 3 SC 126, p. 124).
    Noi supplichiamo Dio, amante dell'uomo, di inviare lo Spirito Santo sui doni deposti, per fare del pane il corpo di Cristo e del vino il sangue di Cristo; poiché tutto ciò che lo Spirito tocca, viene santificato e trasformato (ivi, Catech. Myst. SC 126, p. 154).

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    00 13/05/2011 16:56
    Come il cristiano è un uomo la cui carne è stata afferrata dallo Spirito Santo, cioè da Dio, così anche il pane e il vino sono in un certo qual modo compenetrati dallo Spirito Santo, che vi attua una specie di incarnazione sacramentale e culturale del Logos. Si veda come il concetto fondamentale degli orientali non sia affatto quello del cambiamento di sostanza; la sostanza metafisica del cristiano o dell'olio sacramentale rimane tale e quale, anche se è trasformata dallo Spirito Santo che dimora in essa. Così avviene pure per il pane e il vino eucaristici, che vengono tramutati in virtù della presenza divina che li compenetra. Non vi è una forma sacramentale magica, bensì un'invocazione dello Spirito Santo che è mezzo di santificazione. La chiesa torna a Dio e si apre allo Spirito Santo; Dio vi risponde rendendo presente il Cristo. Lì, in questa comunione con il Cristo, si realizzerà l'unità della chiesa, la cui autorità non può oltrepassare i limiti della propria giurisdizione sacramentale. Quindi non vi può essere alcun papato, perché il vescovo non ha autorità al di là della propria chiesa locale.

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    00 13/05/2011 16:56
    Questo concetto eucaristico si rifà alla metafisica platonica, secondo la quale tutti gli esseri sono una copia, più o meno lontana, dell'idea originale che ripetono in modo imperfetto. Solo che i cristiani hanno trasferito questo concetto metafisico dalle idee statiche a un fatto storico: l'originale è la morte salvifica di Cristo che si presenta a noi nella sua copia, quale il battesimo prima e la celebrazione eucaristica dopo. L'originale in un certo senso è presente nella copia, ma la copia non è tutto l'originale, proprio perché ne è una copia. E' visibile nella fede, ma tuttavia ancora nascosto perché poggia sulla fede. Il Cristo è presente nell'eucaristia, ma in modo nascosto e solo provvisorio. Tuttavia questa interpretazione dell'eucaristia non esprime sufficientemente l'elemento personalistico; la fede, che si richiede per accedere all'eucaristia, è solo un prerequisito, poi lo Spirito Santo fa tutto per conto proprio, La fede apre la porta, poi agisce Dio. Mentre nella Bibbia è l'uomo credente, che attua la Cena, che accoglie Gesù in se stesso tramite il pane e il vino ricevuto con fede, presso i padri greci, al contrario, il pane e il vino che prima erano possesso dell'uomo, diventano poi possesso dello Spirito Santo: è infatti lo Spirito Santo che se ne appropria e ne trasforma gli elementi. Il metabàllein esprime quindi un semplice cambiamento di possesso.

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    00 13/05/2011 16:57
    2) In Occidente . I latini, invece, meno speculativi, almeno all'inizio, misero l'accento più sull'aspetto sacramentale del segno o della figura del pane e del vino, restando così più vicini al senso biblico delle parole, senza profonde indagini metafisiche. Per Tertulliano e Agostino il pane e il vino nell'Eucaristia sono la « figura », il « tipo », il « segno » del corpo e del sangue di Cristo. E' ancora l'antica concezione immagine-copia, che qui affiora. Ambrogio ammette la presenza stessa del Cristo:

    Il Signore Gesù stesso lo proclama: Questo è il mio corpo. Prima della benedizione delle parole celesti lo si chiama con un altro nome, dopo la consacrazione, è denominato corpo. Lui stesso dice che è il suo sangue. Prima della consacrazione lo si chiama diversamente, dopo la consacrazione lo si chiama sangue (De Mysteriis 54)
    Lo stesso Signore Gesù ci ha testificato che riceviamo il suo corpo e il suo sangue. Forse che dobbiamo dubitare della verità e della autorità della sua testimonianza? (De Sacramentis IV, 23).
    Ma forse tu dici: Questo è il mio pane ordinario. Ma questo pane è pane prima delle parole sacramentali. Quando avviene la consacrazione, il pane diventa la carne di Cristo ( de pane fit caro Christi, De Sacramentis IV, 14).

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    00 13/05/2011 16:57
    Questo è dovuto alla parola creatrice di Dio:

    Non era il corpo di cristo prima della consacrazione, ma dopo la consacrazione vi dico che è ormai il corpo di Cristo. Egli disse e fu fatto, egli ha ordinato e fu creato (De Sacramentis IV, 16).
    Perché cerchi qui nel corpo di cristo l'ordine della natura quando lo stesso Signore Gesù è nato da una vergine al di fuori dell'ordine della natura? (De Mysteriis 53).

    E ancora:

    Prima delle parole di Cristo il calice è pieno di vino e di acqua, ma quando hanno operato le parole di Cristo vi si forma il sangue che redime il popolo (De Sacramentis IV, 28).

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    00 13/05/2011 16:57
    Mentre accoglie il pensiero greco di originale-copia (immagine), Ambrogio lo sorpassa e apre un contrasto tra natura e benedizione; anziché poggiare come i greci sulla legge cosmica che tutto è immagine dell'idea divina, egli fa ricorso alla volontà creatrice di Dio e di Cristo.

    Forse tu dici: io vedo però qualcosa d'altro (invece del corpo di Cristo)! Come fai a ritenere che io ricevo il corpo di Cristo? E veramente dobbiamo dimostrarlo. Quanti esempi (della Scrittura) dobbiamo presentare per provare che qui non si tratta di ciò che la natura ha formato, e che la potenza delle benedizione è più grande della forza naturale, perché con la benedizione la natura stessa viene mutata (De Mysteriis 9, 50 CSEL 73, 110).
    Se la parola di Elia era tanto potente da far cadere il fuoco dal cielo, non deve la parola di Gesù essere capace di cambiare la natura (specie) degli elementi? Tu hai letto sulla creazione del mondo intero: Disse e fu fatto, comandò e fu creato. Non può dunque la parola di Cristo, che poteva creare dal nulla ciò che non esisteva, tramutare ciò che già esiste in ciò che ancora non è? Il dare alle cose una nuova natura non è (per la parola di Cristo) da meno del mutare la loro natura (ivi 9, 52 CSEL 73, 112).

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    00 13/05/2011 16:58
    Ad ogni modo, nonostante queste affermazioni così realiste, anche Ambrogio ricorda ancora un testo del canone eucaristico leggermente differente dal posteriore testo romano, che così suonava: « Accordaci che questa offerta spirituale sia approvata e accettabile, perché essa è il simbolo (figura) del corpo e del sangue del nostro Signore Gesù Cristo » (De Sacramentis 4, 5, 21 SC. Botte 1961, p. 115).

    I latini, anziché dare valore all'invocazione dello Spirito Santo, misero più in risalto l'aspetto commemorativo dell'Eucaristia tramite la ripetizione delle parole di Gesù, divenute poi la formula della consacrazione.

    Al 4° secolo la celebrazione eucaristica aveva assunto le linee essenziali della messa futura, con le letture, il bacio fraterno, la recita del Padre nostro. Cirillo, vescovo di Gerusalemme, così descriveva la comunione come si attuava verso il 352:

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    00 13/05/2011 16:58
    I fedeli andavano all'altare porgendo la mano destra al di sopra della sinistra «quasi fosse un trono», e il celebrante vi deponeva un pezzo di pane, sul quale era stato pronunciato il ringraziamento. Il comunicando doveva stare attento a non perderne nemmeno la più piccola parte: «Dimmi un po' se uno ti desse della polvere d'oro, non la custodiresti con la massima cautela, stando attento di non perderne nulla, per non subirne danno?» Del vino se ne beveva un sorso stando in atto di adorazione.
    Le donne anziché porgere la mano nuda, la ricoprivano con un panno di lino (Cirillo di Gerusalemme, Catech. Myst. 5, 21 s SC 126, pp. 170-172).

    Per mostrare in modo visibile l'unità della « chiesa locale », in molte città si celebrava nelle feste una sola Eucaristia, compiuta dal vescovo circondato dai suoi presbiteri, anche se non tutti i fedeli potevano prendervi parte. Così, ad esempio, a Milano solo 5000 persone potevano trovare posto nella basilica di S. Ambrogio, mentre tutti gli altri fedeli, circa 30.000, restavano senza il sacrificio eucaristico.

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    00 13/05/2011 16:58
    b) Dal VII al XIX secolo

    Dal 7° secolo cessò l'offerta del pane da parte dei fedeli perché i monaci si incaricavano di prepararlo; nacque in tal modo l'ostia che con più facilità si poteva porgere ai comunicandi.. A partire dal 9° secolo tale uso si diffuse per tutta l'Europa. Sorse allora la consuetudine di ricevere il sacramento in ginocchio, non per venerazione – gli antichi mostravano venerazione stando in piedi o prostrati – ma per rendere più agevole al sacerdote di porre la particola sulla lingua del fedele. Si continuò a bere il vino, nonostante che esso riuscisse sgradevole a qualche persona, che creasse dei problemi igienici per la malattia di qualche cristiano e ce ne volesse una gran quantità per la cresciuta moltitudine dei fedeli. Talora si cercò di migliorarne l'igiene con l'uso di una cannuccia, che ognuno si prendeva o portava con sé. In Oriente sorse la consuetudine – tuttora in uso – di intingere dei bocconcini di pane nel vino, che poi di distribuivano con un cucchiaino ai singoli comunicandi.

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    00 13/05/2011 16:59
    Il mondo germanico ebbe la tendenza ad accentuare l'oggetto reale; basti ricordare la penitenza tariffata per espiare un colpa che poteva essere surrogata con opere di altro genere e perfino da parte di persone diverse dal colpevole. Questa tendenza « cosificante », direbbe il Gerken – si fece sentire anche nella valutazione dell'eucaristia, ed esplose nella controversia del IX secolo ad opera di due monaci del monastero di Corbie nella Francia Settentrionale, provocata appunto dalla separazione tra il simbolo e la realtà, prima tra loro ricollegati. Pascasio Radberto, abate di Corbie (m. 851 o 860) ne accentuò la realtà fisica (fisico-ralistica o reale somatica), mentre il monaco Ratramno (m. 858) ne esaltò il valore simbolico (in figura).

    Pascasio, al posto del rapporto precedente sta il Cristo (originale) e il cibo eucaristico (immagine) celebrato dalla comunità, vi sostituì il rapporto tra l'immagine data dalle apparenze percepite dai sensi e l'originale che è la realtà non percepita dai sensi, bensì dalla fede. L'invisibilmente presente è lo stesso Cristo:

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    00 13/05/2011 16:59
    Così noi riceviamo nel pane ciò che pendette dalla croce e beviamo nel calice ciò che fluì dal fianco di Cristo (Lettera a Frudegardo PL 120, 1355 A).

    Contro questa visione « cafarnaitica » – così chiamata dalla reazione suscitata nei cafarnaiti alle parole di Gesù – si eresse Ratramno che vide « il corpo autentico del Salvatore » nel corpo che « patì, fu sepolto e risorse », mentre quello eucaristico è solo « immagine ». « E' dimostrato con evidenza che il pane, chiamato corpo di Cristo e il calice chiamato sangue di Cristo, è immagine perché mistero » (De Corpore et sanguine Domini PL 121, 169 A). Mentre Pascasio tende ad identificare il corpo storico di Cristo con quello eucaristico, Ratramno cerca di insistere sulle differenze: per costui il corpo storico è realtà (veritas), il sacramento invece è immagine (figura) di quella realtà.

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    00 13/05/2011 16:59
    Due secoli dopo (XI secolo) sorse la famosa controversia di Berengario di Tours (m. 1088), arcidiacono della chiesa di Angers e scolastico (ossia Maestro di scuola) del monastero dei canonici di S. Martino di Tours, il quale sostenne che sull'altare, dopo la consacrazione, vi è nel pane e nel vino solo un « segno» della presenza di Gesù Cristo, perché il pane e il vino continuano ad essere « pane e vino ». Il pane e il vino non sono il vero corpo e il vero sangue, ma un'immagine (figura), una similitudine (similitudo). Biasimato dal Concilio di Roma nell'aprile del 1050 sotto leone IX, fu ricondannato nel settembre dello stesso anno a Vercelli, dove Berengario non si era presentato. Sotto Nicolò II fu costretto ad accettare una professione di fede redatta dal Sinodo romano del 1059 a sfondo terribilmente sensualistico e che, in seguito, fu biasimata dallo stesso Tommaso d'Aquino. Essa tra l'altro asseriva:

    Sono d'accordo con la chiesa di Roma e la sede apostolica... e professo con la bocca e con il cuore che il pane e il vino posti sull'altare, dopo la consacrazione sono il vero corpo e il vero sangue di Cristo; che sensibilmente e non solo sacramentalmente, vengono in realtà toccati dalle mani sacerdotali, spezzati e triturati dai denti dei fedeli.

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    00 13/05/2011 16:59
    Il problema si riaprì nel Sinodo romano del 1079 sotto Gregorio VII. Ecco come risulta dagli atti di quel Concilio:

    Adunati nella chiesa del Salvatore, si trattò del Corpo e del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, perché prima molti sentivano in un modo altri in un altro. La massima parte asseriva che il pane e il vino, tramite le parole della sacra orazione e consacrazione del sacerdote, per l'opera invisibile dello Spirito Santo, si converte sostanzialmente («substantialiter») nel corpo del Signore, che nacque dalla Vergine e fu appeso alla croce, e nel sangue che dalla lancia del soldato fu effuso dal suo costato, e questo difendeva in tutti i modi con le autorità degli ortodossi santi Padri, tanto greci che Latini. Alcuni, invece, colpiti da grande e lunga cecità, ingannando se stessi e gli altri con certi cavilli, si sforzavano di dimostrare trattarsi solo di una figura. Ma prima che si venisse al terzo giorno, la seconda parte cessò di adoperarsi contro la verità. Il fuoco dello Spirito Santo, annientando quel fuoco di paglia, e col suo fulgore oscurando la falsa luce, convertì in luce l'oscurità della notte. Alla fine Berengario, maestro di questo errore, dopo aver per lungo tempo insegnato l'empietà, confessò davanti al numeroso Concilio di aver errato, e per le sue suppliche meritò la clemenza Apostolica.

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