La solitudine sperimentata da Giobbe dovette essere spaventosa. E tanto a lungo durò la disperazione, senza ombra di refrigerio, che egli cominciò ad inasprirsi. Maledisse il giorno della sua nascita, come se dicesse: "Dio, è per questo che mi hai messo al mondo? Era questo il mio destino, vivere nella confusione, nel dolore e nei problemi?". Domandava a se stesso perché Dio impiegasse così tanto a rispondergli.
Ma la più grande desolazione di Giobbe dipendeva da una questione che non riusciva proprio a capire.
"Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura, e che Dio ha stretto in un cerchio?" (Giobbe 3:23).
L'imbarazzante dilemma è questo: Perché Dio si è mostrato così reale nei miei confronti, e intanto mi tiene in queste distrette? Dio continua a rivelarmi la sua Parola; lo avverto così vicino, nella preghiera; vedo la luce della sua gloria e della sua fedeltà, eppure, davanti a me la via è ancora buia. Come mai la luce si diffonde nella mia anima, ma io continuo ad essere confuso, emarginato, bloccato nei miei guai? In effetti, Giobbe diceva: "Dio, tutto mi si chiude attorno; non vedo via d'uscita, e allora, perché continui a mandarmi queste promesse di liberazione?" In altre parole. "Ho ricevuto il messaggio, vedo la verità, so quello che mi stai dicendo, ma la mia soluzione, dov'è?"