LA CONVERSIONE DI SAULO

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LA BIBBIA

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2011 19:10
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28/05/2011 19:08

1) Solo una parte dei 27 libri è stata messa in dubbio da qualcuna delle chiese. I motivi di questi dubbi sono in parte da attribuire al sorgere e al circolare di scritti "apocrifi" e non di origine apostolica (da cui la diffidenza di certe chiese), in parte alla strumentalizzazione che alcuni gruppi facevano degli scritti. È il caso della lettera agli Ebrei in base alla quale (6, 4-6), secondo i novaziani, si doveva negare la possibilità del perdono agli apostoli. Mentre poi la chiesa orientale (in particolare Alessandria) ne riconosceva l'autenticità apostolica, quella occidentale cominciò a dubitarne verso la fine del II° secolo. Altro esempio è l'Apocalisse: all'inizio fu citata da diversi "padri" e occupò un posto stabile nel canone, poi fu messa in dubbio dalla setta degli Alogi (i quali rifiutavano anche il quarto Vangelo), prima e poi dalle chiese siro-palestinesi che, come abbiamo visto, furono inflienzate dalla critica di Dionigi alessandrino (14) .
Se ciò si aggiunge la scarsa circolazione di alcuni scritti o la distanza geografica fra le chiese d'occidente e quelle d'iriente, si comprenderà maggiormente il sorgere di dubbi
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2) Fu necessario mettere dei limiti alla fioritura di libri sbocciata nel secondo e terzo secolo, periodo criciale per la formazione del canone. Per farlo le chiese si appellarono prima al contenuto dello scritto (se era in lonea con l'insegnamento di Cristo) e degli apostoli) e poi alla testimonianza delle chiese che l'avevano ricevuto.

3)Vi fu una certa "fluidità" fra le varie chiese nell'accettazione progressiva degli scritti per i motivi già accennati. I dubbi delle singole chiese non furono eliminati dalle decisioni conciliari. I sinodi del quarto e quinto secolo non decisero mai quale "canone" (nel senso di elenco) accettare o fare accettare, ma si limitarono a riconoscere quei libri che già le singole chiese avevano riconosciuto come Scritture:
«Quello che fecero i concili fu solo di confermare il canone che era largamente già accettato nella chiesa. I concili non firnurono per la prima volta una regola di fede e di morale, ma poittosto una testimonianza pubblica e unitaria di ciò che la chiesa da lungo tempo aveva conosciuto, usato e stimato come sua guida autorevole» (15) .

In definitiva la storia del canone non è altro che una presa di coscienza delle chiese nei riguardi del proprio fondamento di fede. In questo processo seguirono alcuni criteri di accettazione o di rifiuto abbastanza uniformi, e mi sembra, tutt'oggi validi.
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Note a margine
(1) Per un approfondimento si possono leggere con profitto i seguenti articoli di J. Ruwet. "Clément d'Alessandrie: Canon des Ecritures et Apocryphes", in "Biblica" 29 (1948), 77-99; 240-269; ID, "Le Canon Alexandrin des Ecritures, S. Athanase", in "Biblica" 33 (1952), 1-19. torna al testo

(2) "Stromata" I,100,4; III,93,1. torna al testo

(3) "Hist. Eccl." VI, 14, 1 (PG 20,549). Non è del tutto sicuro che citasse Giacomo. 2 Pietro e la 2 Giovanni. torna al testo

(4) Eusebio, "Hist. Eccl." VI,16 (PG 20,551); "Strom." VI, 106,2. torna al testo

(5) "In Iosue", homel. 7, 1 (PG 12,857). torna al testo

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(6) Occorre dire che origene avanzò qualche dubbio su 2 e 3 Giovanni, Giacomo, Giuda, 2 Pietro; cfr "Ioannis Comm." 11, 6; cfr il Ruwet, in "Biblica" 23 (1942), 18-42. torna al testo

(7) Cfr Eusebio, "Hist. Eccl." VIII, 24-25. torna al testo

(8) R.M. Grant, op. cit. 182. torna al testo

(9) Cfr III,3.4.5. torna al testo

(10) A. Wikenhauser. op. cit. 46. torna al testo

(11) Il testo di entrambi i canoni è riportato in "Institutiones Biblicae" 1, 1951, 228-232. torna al testo

(12) per uteriori ruagguagli cfr M.S. Lagrange, "Introduction a l'étude du N.T.. Histoire ancienne du canon du N.T.", Paris 1933, 156-158. torna al testo

(13) PG XXVI, 1176, 1436. torna al testo

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14) Cfr C.R. Gregory, "The Canon and the text of the N. Testament". New York 1907, 266-267. torna al testo

(15) E.F. Harrison, "La Parola del Signore, Introduzione al N. Testamento", Modena 1972, 114. torna al testo

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Dopo questo questo settimo capitolo della seconda parte dell'opera " Il Romanzo della Bibbia ", relativa al Nuovo Testamento, di Franco Rossi, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980, puoi proseguire la lettura nell' ottavo capitolo .
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Capitolo 8
Il criterio di canonicità


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Solitamente nei manuali di introduzione alla Bibbia si parla di criteri al plurale. Nella nostra breve indagine (che non ha avuto la pretesa di ripetere tutta la storia del canone, ma solo di mettere in rilievo alcuni aspetti del problema per quanto ci è stato possibile farlo, date le oggettive difficoltà) è emerso chiaramente e principalmente un criterio: uno scritto veniva accettato dalle chiese locali solo se era stato scritto da un apostolo o da un discepolo-collaboratore di un apostolo. All'inizio si è visto come questi scritti erano designati con una terminologia varia (« Il Signore ha detto», « memorie», « Vangelo») e avevano lo scopo di diffondere l'insegnamento risalente a Gesù man mano che le chiese si espandevano nel mondo romano. L'autorità dello scritto non risiede in "ufficio apostolico" in quanto tale, ma nel fatto che chi scrive è un testimone oculare e ben informato dei fatti avvenuti. Nel caso di Marco, per esempio, o di Luca non sorsero problemi perché era noto che erano intimi collaboratori di apostoli (Pietro e Paolo). Questo criterio fu determinante per le sorti dell'Apocalisse, della lettera agli Ebrei e di alcune lettere cattoliche, anche se per queste ultime non ci fu un'adeguata diffusione.
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Certamente non è solo una questione di persone, ma direi soprattutto di contenuto, di messaggio salvifico. Diversi libri cosiddetti "apocrifi" non furono accettati perché non erano "Vangelo", cioè annunzio della grazia, del perdono, del dono della vita - in Cristo - all'uomo che è separato da Dio e non può darsi da sé la vita (1) . In questo senso il kérigma della croce e della risurrezione sta alla base degli scritti neotestamentari perché continuano l'opera inziata da Gesù Cristo. E ben vero, come prima accennato, che il criterio è in rapporto al contenuto del libro e a chi lo ha scritto. Un autore di alcuni decenni or sono giustamente disse che « non aspetta alla chiesa di decidere se la Scrittura sia veridica, ma spetta alla Scrittura di testimoniare se la chiesa è ancora cristiana » (2) .

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In conclusione si può dire che non furono le chiese a selezionare gli scritti del N.T., ma questi si autoselezionarono in virtù dell'autorità del messaggio in essi contenuto e degli scrittori. Quando un Sinodo o un Concilio (come quello di cartagine del 397) elencò gli attuali 27 libri, esso non diede alcuna autorità in più che già non avessero, ma si limitò a dare la testimonianza che questi libri e non altri formavano il canone del N.T. Gli storici non possono "fare" la storia, ma si limitano a riportarla così com'è. Il Nuovo Testamento arrivò alla sua formazione come l'Antico, senza drammatici sussulti o chiasso, ma gradualmente, libro dopo libro, perché « non da volontà umana fu recata una profezia, ma mossi dallo Spirito Santo parlarono degli uomini da parte di Dio » (2 Pietro 1, 21).

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Note a margine
(1) Affermazione di M. Lutero riportata da B. Corsani, "Introduzione al Nuovo Testamento", Vol I, Torino 1972, 309. torna al testo

(2) L'affermazione è di A.M. Bertrand ed è riportata dal Corsani: ibidem. torna al testo
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Dopo questo ottavo capitolo della seconda parte termina l'opera " Il Romanzo della Bibbia", un'indagine sulla formazione del canone dell'Antico e del Nuovo Testamento, a cura di Fausto Salvoni e di Franco Rossi, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980.
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